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Mario Draghi fa l'accordo con Fratelli d'Italia sulle spese militari. Ira del M5S: “Inaccettabile”

Daniele Di Mario
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Ancora scontro sulle spese militari. Il governo, nel corso della seduta congiunta delle commissioni Difesa ed Esteri del Senato, decide di accogliere senza riformulazione l'ordine del giorno a favore dell'aumento degli investimenti per la difesa al 2% del Pil presentato da Fratelli d'Italia che non chiede di metterlo in votazione, mandando così in tilt M5S e LeU - che invece avrebbero voluto votarlo per esprimere parere contrario- e la maggioranza. I componenti di M5s e LeU nelle commissioni, infatti, avevano chiesto di «mettere ai voti» l'odg al decreto Ucraina presentato dalla senatrice FdI Isabella Rauti. «Dopo il parere favorevole del governo noi abbiamo rinunciato, ma 5 Stelle e LeU volevano il voto», spiega la Rauti. «Non c'era motivo di chiedere il voto - aggiunge il capogruppo FdI a Palazzo Madama Luca Ciriani - perché l'odg non era fatto per mettere in crisi la maggioranza, ma una affermazione di principio. Ora che l'odg fa parte integrante del decreto chi ha chiesto il voto si deve chiedere se in Aula voterà il decreto o no», spiega Ciriani, secondo cui è «inevitabile che il governo ponga la questione di fiducia». «L'odg non era strumentale - insiste il capogruppo FdI -. Peraltro ricalca sia le parole di Draghi sulle spese militari sia l'odg approvato alla Camera. Ora, visto che è stato accolto dal governo, fa parte integrante del testo, quindi vedremo cosa faranno i 5 Stelle in Aula sulla inevitabile fiducia, viste le divisioni nella maggioranza. Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo in coerenza con il nostro programma elettorale. Paradossalmente, erano loro, 5 Stelle e LeU, che volevano spaccare la maggioranza».

 

 

Il decreto Ucraina passa così all'esame dell'Aula, approderà oggialle 18. Il governo porrà la fiducia con l'obiettivo di approvarlo entro domani, quando dovrebbe esserci la votazione finale. L'ordine del giorno presentato da FdI contiene «l'impegno del governo» ad aumentare le spese militari al 2% del Pil «senza alcun riferimento temporale: il governo lo ha accolto senza riformulazione» e quindi «come proponenti non abbiamo richiesto il voto», spiega ancora Isabella Rauti, che aggiunge: «Non abbiamo chiesto il voto perché il nostro obiettivo politico era stato raggiunto e a conferma che si trattava di un dispettuccio per mettere in difficoltà la maggioranza e il governo». Ma il M5S non ci sta e attacca: «È inaccettabile che il governo abbia deciso di accogliere l'ordine del giorno di FdI sull'aumento delle spese militari al 2% del Pil entro il 2024 malgrado la forte contrarietà della principale forza di maggioranza. Un ordine del giorno che inizia con "Il Senato impegna il governo" non può essere accolto senza un voto di verifica. Malgrado la nostra insistente richiesta, la presidente della commissione Difesa Roberta Pinotti non ha voluto metterlo ai voti. Di cosa ha paura?», dichiarano la vicepresidente del M5s Paola Taverna e i senatori Vito Crimi, Gianluca Ferrara, Ettore Licheri, Andrea Cioffi e Gianluca Castaldi.

 

 

Il Pd da parte sua cerca di non strappare ma avverte i 5 Stelle. «Comprendiamo le esigenze di ogni partito nel marcare i punti politici ma - avverte Alessandro Alfieri, senatore dem della Esteri e coordinatore di Base Riformista guidata dal ministro Lorenzo Guerini - non a detrimento dell'azione di governo, non a discapito della compattezza dell'azione di governo in una fase difficile». Il Pd resta comunque disponibile a trovare un accordo in vista di altri provvedimenti in cui il tema del 2% del Pil per le spese militari tornerà a riproporsi, magari già nel Def ad aprile. Ma la spaccatura nella maggioranza è evidente e ora è attesa alla prova più delicata: il voto di fiducia.

 

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