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Mario Draghi fa l'americano. Gas, Cina e investimenti militari, l'Italia sarà sempre più atlantista

Pierpaolo La Rosa
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È un Mario Draghi sempre più vicino alle posizioni degli Stati Uniti quello che è intervenuto ieri, prima nell'Aula di Montecitorio, poi in quella di Palazzo Madama, in vista del Consiglio europeo di oggi e domani, a Bruxelles, che si occuperà della crisi ucraina con i suoi inevitabili corollari su sicurezza, difesa comune ed energia. Altro che equidistanza, il premier è sceso direttamente in campo sostenendo con vigore Washington. Lo ha fatto, innanzitutto, ritornando sul tema dell'aumento delle spese militari italiane. «Tengo a mente che i fondatori dell'Unione europea, fra cui De Gasperi, avevano come obiettivo la pace nel Continente europeo, e proprio per questo abbiamo progettato la comunità europea di difesa e vogliamo creare una difesa europea. Proprio per questo vogliamo adeguarci all'obiettivo del 2% del Prodotto interno lordo che abbiamo promesso nella Nato», le parole pronunciate dal capo dell'esecutivo nel corso delle sue comunicazioni al Parlamento.

 

 

A proposito di Nato, ecco nel discorso del premier un omaggio non scontato alla sua importanza, al suo ruolo nell'ambito dello scacchiere internazionale. «La guerra in Ucraina - ha sottolineato Draghi - ha messo in evidenza, ancora una volta, l'importanza di rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell'Unione europea, in complementarità con l'Alleanza atlantica. Un'Europa più forte nella difesa rende anche la Nato più forte. Il Consiglio europeo è chiamato ad approvare la Bussola strategica, che è stata adattata alla luce della guerra in Ucraina. Guerra che rappresenta la più grave crisi in ambito di difesa nella storia dell'Ue». Spazio, poi, nell'intervento sempre di Draghi alla questione del prezzo del gas, alla luce della decisione di Vladimir Putin del pagamento delle forniture soltanto in rubli, e non più in euro ed in dollari, per le nazioni considerate «ostili». Il presidente del Consiglio si è augurato un coordinamento maggiore a livello comunitario, tra commissione europea e Stati membri, «sulla diversificazione degli approvvigionamenti di gas, soprattutto di gas liquido. Serve un approccio condiviso sugli acquisti e sugli stoccaggi, per rafforzare il nostro potere contrattuale verso i Paesi fornitori e tutelarci a vicenda in caso di shock isolati». Non solo. L'ex numero uno della Banca centrale europea ha indicato una delle possibili ricette per essere meno dipendenti, sul piano energetico, da Mosca. «Vogliamo spezzare il legame tra il prezzo del gas e quello dell'elettricità che è in parte prodotta da fonti alternative, il cui prezzo non ha nulla a che vedere con quello del gas», le riflessioni dell'attuale inquilino di palazzo Chigi, secondo il quale «è essenziale puntare in modo deciso sull'energia rinnovabile e dare un ruolo centrale alla sponda sud del Mediterraneo.

 

 

Su tutti questi fronti, auspico che il Consiglio europeo prenda decisioni ambiziose che possano essere rapidamente operative». Una direzione di marcia ben precisa, dunque, quella che è stata intrapresa. «La creazione di un tetto europeo ai prezzi del gas è al centro di un confronto che abbiamo avviato con la presidente Ursula von der Leyen», ha affermato ancora il capo del governo, convinto che non ci sia «alcun pericolo di cadere dalle braccia di un gigantesco monopolio nel quale ci siamo con convinzione adagiati per circa 20 anni in un altro altrettanto grande, perché avremo una pluralità di fornitori. Non ci sarà questo potere straordinario di cui ci troviamo oggi a pagare i costi». Non poteva, infine, mancare un cenno alla Cina. «L'Unione europea sia compatta nel mantenere spazi di dialogo con Pechino. Dobbiamo ribadire l'aspettativa che Pechino si astenga da un supporto a Mosca e sostenga lo sforzo di pace», ha concluso il presidente del Consiglio.

 

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