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Berlusconi dice addio Palazzo Grazioli ma il trasloco sull'Appia Antica slitta

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La disdetta, come da contratto, scatterà il 31 dicembre. E dal primo gennaio del nuovo anno palazzo Grazioli, residenza storica di Silvio Berlusconi a Roma per oltre vent’anni, chiuderà definitivamente i battenti. Già da tempo, soprattutto per ragioni economiche, il Cav aveva deciso di "dismettere" gli oltre mille metri quadrati al primo piano nobile del cinquecentesco edificio appartenente alla famiglia Grazioli che gli costavano quasi 40mila euro al mese d’affitto per trasferirsi nella villa Zeffirelli sull’Appia antica, acquistata per oltre 3 milioni di euro nel 2001 e poi prestata in comodato d’uso gratuito al regista fiorentino, suo amico ed ex parlamentare forzista, scomparso nel giugno dello scorso anno.

Gli scatoloni sono pronti. Il cosiddetto "Parlamentino azzurro" dove si tenevano le "plenarie" di Forza Italia e i vertici più ristretti, è sbarrato. Chiusi anche gli uffici al piano terra, quelli che affacciano sul via della Gatta, con alcuni dipendenti a rischio licenziamento o trasferimento tra Bruxelles (dove il Cav siede al Parlamento Ue) e la sede nazionale del movimento azzurro, rimasta aperta in via in Lucina, anche se notevolmente ridotta per ragioni di budget dopo i tagli dovuti all’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti.

Difficilmente, a quanto si apprende, Berlusconi si farà vedere nella nuova dimora sull’Appia antica: tutto dipenderà dall’emergenza Covid che ha stravolto l’agenda del presidente di Fi, risultato positivo lo scorso settembre e poi guarito dopo la quarantena e una lunga convalescenza. Senza contare poi che i lavori di ristrutturazione della magione zeffirelliana sono ancora da completare.

L’ex premier, raccontano, potrebbe non rientrare ad Arcore e restare in Provenza, ospite della primogenita Marina, finché non rientrerà l’allarme contagio, almeno fino a febbraio, inizi di marzo, quando l’Italia dovrebbe essere fuori pericolo "terza ondata". In ogni caso, quando si rifarà vedere nella Capitale, la villa sull’Appia antica sarà utilizzata come residenza privata e quindi diventerà off limits per tutti. Tradotto, niente processionì di deputati e senatori e niente "poste" dei giornalisti per ottenere qualche dichiarazione.

Con l’addio al quartier generale di via del Plebiscito Berlusconi archivia un capitolo importante della sua vita pubblica e privata. E tramonta quello che è stato per un quarto di secolo della politica italiana il simbolo del potere berlusconiano. Palazzo Grazioli, infatti, anche per la sua posizione strategica (a un tiro di schioppo da Montecitorio e il Senato) ha ricoperto un ruolo centrale nella carriera politica del leader azzurro, 4 volte presidente del Consiglio, ospitando vertici internazionali, riunioni di partito e cene con capi di Stato e di governo amicì, come Vladimir Putin, che si sono trovati ad assaggiare il menu tricolore preparato dallo chef personale del Cav, Michele Persechini.

Tanti i ricordi legati alle mura di via del Plebiscito: gioie e dolori, vittorie e insuccessi, dalla discesa in campo del ’94 al flop delle ultime regionali con Fi precipitata al 6% e sempre più in crisi dopo il sorpasso storico della Lega di Matteo Salvini alle politiche del 2008.

A palazzo Grazioli è legato però anche il destino di vari dipendenti di Forza Italia, alcuni dei quali sono stati stretti collaboratori di Berlusconi e risultano assunti con contratto che porta la firma dell’ex capo di governo. Per loro la situazione non è facile. In più, raccontano fonti parlamentari azzurre, c’è stata l’amara sorpresa di andare in ufficio e non trovare più la propria postazione di lavoro con computer e sedie portate via da un giorno all’altro proprio quando il leader forzista era ricoverato al San Raffaele per Covid.

Dopo la decisione di Berlusconi di trasferire la sua residenza romana lungo l’Appia, a Forza Italia, nella Capitale, non resta altro che la sede nazionale di piazza San Lorenzo in Lucina. Un appartamento di circa 300 metri quadrati, preso in affitto a oltre 130mila euro l’anno, al terzo piano di un antico edificio protetto dalle Belle Arti nel pieno centro di Roma, a pochi passi da Montecitorio.

Secondo l’ultimo bilancio del partito, quello chiuso il 31 dicembre del 2019, la «locazione dell’intero anno della sede legale di Via in Lucina 17» è pari a 132mila euro, ovvero undicimila euro al mese. Inaugurata in pompa magna nel 2013 (circa 3mila metri quadrati con un costo iniziale di affitto di 960mila euro a fronte dei 2,8 milioni annui per i 5mila metri quadrati della vecchia sede di via dell’Umiltà), San Lorenzo in Lucina ha rischiato più volte la chiusura causa conti in rosso. La serrata è arrivata, infatti, nel 2015, anno orribile per le finanze di Fi e la nuova casa azzurra è tornata ad essere via del Plebiscito. Poi, passata la buriana, c’è stata la riapertura, così Antonio Tajani e gli altri vertici si sono ritrovati una sede sempre extralusso, ma rimpicciolita: gli attuali 300 metri quadrati con una sala grande utilizzata per le conferenze stampa. 

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