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Italia ridotta alla fame, solo fame e negozi chiusi Il reportage choc del Washington Post a Roma

Fosca Bincher
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E' un reportage da Roma, ma sembra raccontare il cuore dell'Africa più povera e disperata. L'Italia e la sua capitale finiscono in prima pagina del Washington Post nell'edizione della vigilia di Natale, e non certo per magnificare i successi che crede di avere avuto Giuseppe Conte. Anzi, per fotografare la miseria a cui ha ridotto il paese usando a tavoletta i lockdown e non risarcendo a dovere chi perdeva tutto. E' una inchiesta choc quella firmata da Chico Harlan nel cuore di Roma, dietro Campo dei Fiori e piazza Navona. Con gli occhi simbolicamente puntati su via dei Banchi Vecchi. Lì c'era una tintoria e “ha chiuso per sempre. Lo stesso vale per il negozio di olio d'oliva. I cartelli "In affitto" erano saliti e rimasero in piedi, diventando gialli con i mesi. Il ristorante a due stelle Michelin stava cercando di cavarsela con ordini da asporto...”. Harlan racconta ai suoi lettori che “Via dei Banchi Vecchi era sempre stata una strada vivace, soprattutto la sera, quando la gente si riversava fuori dall'enoteca, fumando e flirtando, tenendo in equilibrio i bicchieri sulle auto parcheggiate. Ma ora il trambusto principale veniva al mattino presto, fuori da una chiesa, dove le persone si mettevano in fila in numero che sembrava crescere di settimana in settimana. Stavano arrivando per il cibo donato”. Intorno alla fila per la mensa il vuoto. Chiuso tutto, forse per sempre. “Le boutique, un tempo dipendenti dai flussi turistici, avevano solo cartelli con sui scritto vendesi..”, racconta il corrispondente del prestigioso giornale americano, che ferma gli occhi su uno scatto straordinario: uno davanti all'altro il ristorante due stelle Michelin deserto e la chiesa con la mensa dove un popolo stava in coda affamato. “la fila”, spiega Harlan, “fuori dalla chiesa ha sottovalutato ciò che stava accadendo all'interno. Questo era un unico posto che cercava di essere un'ancora di salvezza durante la peggiore recessione della storia italiana moderna, quando l'economia si era ridotta del 10%, l'enorme settore del turismo era crollato e una legione di lavoratori fuori legge non aveva nulla su cui ripiegare. Oltre le porte verdi, ogni lunedì mattina ogni posto disponibile nella chiesa veniva riempito, anche se continuava ad arrivare gente. Alcuni dissero di aver passato la notte a dormire sotto i ponti o nelle stazioni della metropolitana. Una coppia ha detto di aver viaggiato due ore in autobus, metropolitana e un altro autobus solo per arrivare qui. Il numero di persone in cerca di aiuto nella chiesa era aumentato del 40% durante la pandemia, fino a 180 persone in un giorno. "È anche il volto delle persone che stanno cambiando", ha detto Elaine Lombardi, 49 anni, una suora che distribuiva caffè e pasticcini. "Sono le persone che hanno perso il lavoro e ora tutta la loro vita è dentro le valigie."

Disperazione e chiusura ovunque nel suo racconto, con l'Italia ridotta allo stremo. Fino a quando non ha visto gente allegra, finalmente felice di fronte a un caffè insolitamente aperto. Tutti a baciarsi e abbracciarsi, sembrava un altro mondo. E in effetti lo era: un addetto alla sicurezza strattona il giornalista del Washington Post e gli dice di allontanarsi: è entrato all'interno del set di uno spot pubblicitario di una banca. Il regista, Ferzan Ozpetek, gli sorride: “stiamo immaginando il futuro. Una scena post-pandemia...”. Bello. Ma, Conclude Harlan, “l giorno dopo, quando ho guardato fuori dalla finestra, pioveva a dirotto. Quasi nessuno era fuori. I tavolini all'aperto del caffè erano inutili. L'unica attività avveniva proprio davanti alla chiesa, dove Padre Franco stava sotto un arco di una porta, cercando di rimanere all'asciutto. Distribuiva pranzi al sacco alle persone che continuavano a venire e venire...”

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