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Niente cenone e caos spostamenti: a Natale Conte ci regala il senso di colpa

Francesco Storace
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“Amore, apriamo i regali?”. “Ma sei pazza? Cerca su google che cosa prevede il Dpcm, non so se possiamo farlo alla vigilia o il giorno di Natale”. Difficile dire se arriveremo a tanto, ma certo che il governo Conte ci ha messo del suo per renderci difficili queste feste. Chiusi in casa, dobbiamo anche stare attenti alle telefonate al parentado dallo stesso smartphone: dice che si rischia il Covid se siamo in troppi a farci gli auguri.

Vero, abbiamo risparmiato un po’ sulla tredicesima, perché è praticamente impossibile consegnare i regali. Anche perché abbiamo vissuto questi giorni col senso di colpa. “Ricordi, amore, quando siamo stati in vacanza?”. “Certo, c’era pure il bonus e poi ce l’hanno mandato di traverso. Sta a vedere che è colpa nostra la seconda ondata”. E così pure per gli acquisti. Potevamo risparmiare una piccola sommetta con il cash berry, ma poi ci hanno rimproverato perché siamo usciti tutti assieme per andare nei negozi. E che diamine, potevate telefonarvi per mettervi d’accordo, ha bofonchiato il signor Stato, sempre ligio a far rispettare le regole che riguardano il popolo.

“Dai, tanto passerà presto e ci faremo il vaccino”. “Hai finalmente deciso di fartelo? Io sto ancora cercando quello antinfluenzale”. “E poi c’è la variante inglese, che mi ricorda tanto la tangenziale est”. “Ma tu che dici, amore, sarà pericoloso?”. “E che ne so, aspettiamo che se lo facciano prima i politici. Se si salvano loro ci salviamo pure noi. Se non si salvano loro, almeno si salva l’Italia”. “Pure a Natale ‘ste battutacce, ma come te vengono”.

Ci chiederemo anche, tra vigilia, Natale e Santo Stefano, perché se abbiamo un nipote in Inghilterra non può tornare in Italia, mentre se viene dall’Africa può arrivare anche se sta su un barcone pieno di clandestini. È l’Italia, bellezza.

“Che mangiamo?”. “Sto preparando amore, meno male che almeno il cenone possiamo farlo fuori”. “No, stai attenta, che hanno dovuto fare marcia indietro.” Eh già, ci aveva illuso l’on. Variati, che ci fa pure il sottosegretario all’interno. Per ”spiegare” i giorni delle feste era andato tutto contento al Tg5 a dire cenone libero per tutti. Variati se ne era uscito con la cena a casa di familiari o affetti stabili e poi tornare al proprio domicilio, residenza o abitazione a qualsiasi ora della notte perché era consentito. 

Dopo una lavata di capo al Viminale è tornato al Tg5 per dire l’esatto contrario: “Mi dicono che non è vero”, in una tardiva imitazione dell’imitazione che Alighiero Noschese faceva di Mario Pastore, giornalista del Tg1. Fra le 22 e le 5 del mattino (alle 7 a Capodanno) non rientri da nessuna parte, invece.

Ci hanno fatto venire il mal di testa in tutti i modi. Al ristorante a pranzo sì e a cena no, ma ora siamo in zona rossa quindi mai. Al massimo possiamo scrivere sull’autocertificazione che per stato di necessità dobbiamo andare al ristorante per prendere il pranzo di Natale. Se lo troviamo ancora aperto. Se non è fallito. In tanti abbiamo finalmente imparato che vuol dire delivery. “Ce portano da magnà a casa”.

Figuriamoci per la Messa. Abbiamo passato mesi come fossimo all’inferno, divieto di preghiera. Poi l’hanno allentato, anche se dovevamo restare distanti e alla fine hanno fatto nascere anzitempo Gesù Bambino. L’orario della Messa di mezzanotte lo stabilisce il governo e non Santa romana Chiesa.

Caos totale sugli spostamenti tra un comune e l’altro. Ancora abbiamo difficoltà a capire che cosa possiamo davvero fare. Marce indietro continue. Dpcm come fossero cioccolatini. Chi passerà le feste con noi? Telefonate accorate, “chi vuoi che ci controlli?”. Poi la conclusione, “va bene lasciamo stare, perché rischiare il Covid…”. Guai a dirci buone feste che diventiamo cattivi stavolta. Ci avviciniamo alla tavola ed è imbandita davvero per pochi, e senza i nonni. Ci distanziamo e il portiere ci ha raccomandato la mascherina (magari in un dpcm Conte ci ha infilato pure l’antico capo fabbricato). E non vediamo l’ora che passino queste “feste”. “Stai mangiando troppo, amore”. “E a chi diavolo dobbiamo lasciare tutta ‘sta roba che hai preparato…”.

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