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Conte condona solo il suocero. È la legge più ad personam della storia

Franco Bechis
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Era una norma ad personam quella che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte inserì fin dalla sua prima stesura nel decreto rilancio del 19 maggio scorso per depenalizzare il ritardato o mancato versamento della tassa di soggiorno ai comuni.

Tanto ad personam che è stata applicata retroattivamente a una sola persona: Cesare Paladino, imprenditore romano a capo di un importante gruppo immobiliare che fra l'altro ha la proprietà (e la gestione) del prestigioso Grand Hotel Plaza nella capitale. Cesare è il papà di Olivia, la bella fidanzata del premier italiano che per altro è sua socia e risulta pure general manager dell'Hotel Plaza (così la definisce il sito Instagram della struttura). Ha costruito un piccolo impero, ma deve essere un po’ distratto, perché fra il 2014 e il 2018 si era dimenticato di versare in tutto o in parte nelle casse del comune di Roma la tassa di soggiorno che però era stata regolarmente versata ogni notte dai clienti del Plaza: alla povera Virginia Raggi è venuta a mancare una somma di poco inferiore ai 2 milioni di euro solo da quella struttura. Per la legge italiana quel mancato versamento configurava fino al 19 maggio scorso un reato penale, quello di peculato. E infatti il «suocero» di Conte di quello è stato accusato davanti al tribunale di Roma dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pubblico ministero Alberto Pioletti. Poco più di un anno fa però restituendo i soldi dovuti al comune di Roma e aggiungendoci un piccolo risarcimento e gli interessi che erano decorsi, il signor Cesare ha concordato con la procura un patteggiamento della pena di un anno, due mesi e 7 giorni appunto per peculato. Avendo concordato accusa e difesa, nessuno ha fatto ricorso e quella pena è passata in giudicato, rappresentando certamente un'ombra non da poco nella vita dell'imprenditore. 

 

Quando a maggio però per mano di Conte è arrivato il colpo di spugna che da quel momento in poi cancellava la sanzione penale per il ritardato e omesso versamento della tassa di soggiorno da parte dell'albergatore, trasformandola in semplice illecito amministrativo con multa da pagare, il suocero del premier ha atteso che la norma fosse convertita in legge e immediatamente dopo ha chiesto di rivedere retroattivamente quella condanna al tribunale di Roma. Come lui ovviamente anche altri albergatori che avevano avuto analoghe condanne. Ma fin qui è andata male a tutti. La signora Valeria Di Bono, titolare di una residenza alberghiera a Trapani, ha fatto ricorso per la revisione della sua condanna penale che era di un anno e quattro mesi e il tribunale le ha detto di no. Così è ricorsa alla Corte suprema di Cassazione e la sesta sezione penale (presidente Stefano Mogini, relatore Orlando Villoni) il 28 settembre scorso le ha tolto ogni speranza: non era applicabile la depenalizzazione a una condanna precedente alla data del 19 maggio e quindi «deve conclusivamente ribadirsi la rilevanza penale a titolo di peculato delle condotte, fra cui quella ascritta alla ricorrente, commesse in epoca anteriore alla novatio legis di cui all'articolo 180, comma 4, del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020». Una pronuncia così netta della Cassazione fa giurisprudenza. E così è accaduto per tutti gli albergatori che debbono tenersi la loro condanna per peculato. Tutti meno uno, che per curiosa coincidenza è proprio il suocero di Conte. Il gup di Roma, Bruno Azzolini nonostante l'opposizione della procura di Roma ha accolto il ricorso di Cesare Paladino revocando la condanna a un anno e due mesi per peculato «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato». 

 

Non esiste un caso solo anche nella lunga sfilza di leggine varate in sostanziale conflitto di interessi dai governi precedenti di una applicazione talmente ad personam da riguardare esclusivamente un congiunto del legislatore, in questo caso presidente del Consiglio. Questo caso dunque passerà alla storia come un unicum che se fosse mai stato immaginato nelle epoche di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi premier, avrebbe suscitato uno tsunami e manifestazioni di piazza. Invece questa notizia è di fatto passata sotto silenzio, e anche quando nei mesi scorsi qualcuno aveva provato a polemizzare non sapendo ancora come sarebbe andata a finire, è stato subito zittito sostenendo la più colossale delle fake news: che le nuove norme varate da Conte servivano ad aiutare gli albergatori in difficoltà per la pandemia. Una giustificazione totalmente falsa: gli albergatori in difficoltà avevano sì bisogno di sostanziali aiuti economici che non sono mai arrivati, ma questa nuova norma cancella un reato penale e applica al suo posto (ma sicuramente dopo il 19 maggio) una sanzione pari al 100 o 200% della tassa di soggiorno evasa. Evidente che non sia un aiuto economico, ma il suo esatto contrario. Però al momento il suocero di Conte ha goduto - unico in Italia - del colpo di spugna retroattivo che sbianchetta la sua fedina penale. E non ha avuto applicata la nuova sanzione da illecito amministrativo che gli verrebbe a costare fra 2 e 4 milioni di euro. Perché questa invece non è retroattiva, e difficilmente verrebbe pagata da un imprenditore che ha mille difficoltà nel versare al fisco quanto dovuto, tanto da avere aderito puntualmente a tutte le rottamazioni delle cartelle fiscali possibili. Anche l'ultima, varata dal governo Conte. Gli è stata concessa una rateizzazione di 12 mesi, ma lui ha pagato la prima rata smettendo di farlo con le successive, perché chiede alla Agenzia delle Entrate di spalmargli su 18 e non 12 mesi quella rateizzazione. È evidente il problema di liquidità. 

 

Questa appena raccontata sarà pure piccola storia di un paese che ha mille e gravi drammi, ma la dice lunga sulla reale personalità di chi guida il governo da palazzo Chigi e sul senso di bene comune coltivato: prima di tutto suocero e fidanzata, poi gli italiani. In questo caso manco il «poi»...
 

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