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Covid, Conte e Speranza hanno mentito. Il Cts lasciava i ristoranti aperti

Premier e ministro sbugiardati dal verbale del 17 ottobre pubblicato solo il primo dicembre

Franco Bechis
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Con la pubblicazione del verbale del Comitato tecnico scientifico dello scorso 17 ottobre viene a cadere l'ennesima bugia propalata dal premier Giuseppe Conte e dal suo ministro della Salute, Roberto Speranza e salta fuori l'incredibile prepotenza usata nei confronti di ristoratori e titolari di bar e pub. Contrariamente a quanto detto pubblicamente infatti non sono stati gli scienziati a proporre le chiusure serali dei locali come avrebbe poi deciso un dpcm pochi giorni dopo.

Il Cts infatti riteneva validi i protocolli in base ai quali i ristoratori avevano messo in sicurezza i locali e semmai proponeva controlli più rigidi sul rispetto delle prescrizioni fornite a maggio. Più controlli per pizzicare i furbetti, ma cena al ristorante possibile a tutti.

Ecco il testo messo a verbale quel 17 ottobre: “Per ciò che concerne il settore della ristorazione, il CTS rimarca il rigoroso rispetto e controllo delle misure già più volte indicate dal CTS ed oggetto delle norme attualmente in vigore (es. distanziamento, prevenzione degli assembramenti, obbligo nell'uso della mascherina negli esercizi commerciali e di ristorazione) con intensificazione della vigilanza e delle azioni di contrasto che devono essere rese più agevoli nella loro possibilità di adozione (es.: obbligo di affissione del numero massimo di clienti che è possibile accogliere negli esercizi). Il CTS suggerisce la coerenza della limitazione già prevista dalle raccomandazioni vigenti per i contesti domestici relativa al numero massimo di persone che possono condividere il medesimo tavolo all'interno dei locali di ristorazione”.

Quei locali dunque per gli scienziati potevano restare aperti in sicurezza. E' stato solo il governo a decidere diversamente, mostrando l'ennesimo atto immotivato e quindi persecutorio nei confronti delle partite Iva che a loro non vanno proprio a genio.

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