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Natale ai tempi del Covid, ora Conte fa pure il teologo e "taglia" i parenti

Pietro De Leo
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Quella ritualità solenne nell’annuncio vespertino dei Dpcm. Quell’assenza di brusii di sorta mentre il Presidente Conte ne scandiva i contenuti, “urbi et orbi”, ad un popolo di telespettatori-cittadini anche loro in silenzio, divenuti pian piano fedeli di quegli appuntamenti. E poi quel “torneremo ad abbracciarci”, magari sperando in cuor suo all’ “abbraccio del Presidente” come fu la celebre carezza del Papa. Eccolo qui, il contismo, religione dei nostri tempi, fatta di procedure, suspance e ovviamente il suo interprete-Papa laico, che ora si cimenta pure nel rispondere alle lettere dei bambini. Ci manca solo si metta a telefonare random alle persone a casa, sul modello dell’originale (in realtà esiste un fotomontaggio in merito che gira sui social).

Intanto, però, siccome il Nostro, ossia Giuseppe Conte, spesso si fa prendere la mano, ieri ha un po’ sconfinato nel campo dell’altro, ossia il Papa vero. Parlando del Natale, di come sarà (“in emergenza, su questo non c’è ombra di dubbio”, ha ricordato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri), Giuseppe I, intervenendo in videocollegamento ad un evento della Cgil, ha detto questo: “Natale non è solo shopping, fare regali”, e fin qui è un evergreen nel campionario dei luoghi sotto l’albero. Poi ha aggiunto: “a prescindere dalla fede religiosa è senz’altro anche un momento di raccoglimento spirituale e farlo con troppe persone non viene tanto bene”. Dunque non solo abbiamo il Papa Laico, ma è già bell’e pronto il suo catechismo, anzi il “Contechismo”.

Proprio lui che, quando qualcuno è solito muovergli delle critiche risponde stizzito nel segno di “allora lo faccia lei e vediamo”, quando esonda in campo altrui toppa clamorosamente: perché in realtà questa roba secondo cui raccogliersi spiritualmente “non verrebbe tanto bene” se fatto con altre persone non è nemmeno vera. La condivisione della preghiera, infatti, è un punto fondante della religione cattolica. La Messa è la dimensione collettiva per eccellenza, così come nella preghiera c’è un continuo richiamo al “noi”.

La preghiera più importante, non a caso, si chiama “Padre Nostro”, non “Padre mio”, e in molte chiese quando la si recita i fedeli si prendono per mano (attualmente no, per ovvie ragioni di prevenzione). Anche il dettato delle preghiere è soprattutto in dimensione plurale. “Liberaci dal male”…”prega per noi peccatori”…”rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi”. E quindi il tentativo di dare una legittimazione teologica alle raccomandazioni sanitarie risulta uno scivolone clamoroso. Ma è ben nota la tenacia di Giuseppe I, e chissà magari in questi giorni si diletterà pure in una rapida riscrittura del Vangelo secondo Covid nelle parti che riguardano il Natale, con i pastori che accorrono alla stalla della Natività tenendosi rigorosamente al metro di distanza, i Re Magi che prima di entrare a Betlemme si fanno il tampone e I centurioni che controllano le autocertificazioni. Speriamo che, almeno, ci sia spazio per un Erode contagiato.  

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