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Sassoli taglia la diaria, scoppia la rivolta degli europarlamentari

Carlantonio Solimene
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Per una volta è un italiano a fare la figura della «formica» e a far infuriare una «cicala» tedesca. E così mercoledì il presidente dell’Europarlamento David Sassoli ha dovuto sorbirsi il «j’accuse» del teutonico Markus Ferber per la decisione di aver sospeso il pagamento della diaria agli eurodeputati. Circa trecento euro destinati agli eletti per ogni loro presenza in aula. Che, però, nel mese di novembre non saranno versati. Costringendo i membri dell’assemblea dell’Unione a stringere la cinghia per un po’.

Il caso, in verità, era esploso già a fine ottobre. Quando, a fronte dei sempre più numerosi casi di Covid all’interno dell’assemblea dell’Europarlamento - «tra eletti, collaboratori e staff le persone contagiate, soltanto nel penultimo fine settimana, sono state 171» ha spiegato Sassoli - lo stesso presidente dell’assise ha deciso di chiudere dal 2 al 30 novembre l’Ufficio centrale registri. La struttura, cioè, presso la quale gli eletti segnalano la propria presenza in Aula e maturano il diritto a ricevere 323 euro per ogni seduta, che vanno a rimpolpare i circa 6.000 euro che compongono la parte fissa del loro stipendio.

Attraverso questa decisione il vertice dell’Europarlamento si augurava di dissuadere gli eletti a prendere parte fisicamente alle sedute, favorendo invece la partecipazione da remoto. Una scelta provocata anche da quanto accaduto in occasione della plenaria di ottobre, quando a Bruxelles si erano presentati in circa 350 ma solo una settantina si erano iscritti a parlare. Con il sospetto che la maggior parte dei presenti puntassero esclusivamente a intascare l’agognato gettone.
Da quel momento svariati eurodeputati hanno tempestato di mail l’ufficio di Sassoli, con la richiesta di ripristinare il diritto alla diaria. D’altronde, era il ragionamento, in tanti hanno affittato uffici e abitazioni nella costosissima Bruxelles. Rinunciare alla parte variabile dello stipendio, insomma, non è qualcosa che si possa tollerare a cuor leggero.

Sassoli, però, non ha fatto marcia indietro e mercoledì, in occasione dell’avvio della tre giorni di plenaria novembrina, è andato in scena un siparietto di una ventina di minuti con il merkeliano Ferber, eurodeputato del Ppe, che ha accusato il presidente italiano addirittura di violazione dello stato di diritto. «Lei ha privilegi, lei ha un autista, mentre noi dobbiamo usare i mezzi pubblici. È questa la protezione che secondo lei noi meritiamo?» ha tuonato Ferber. Continuando: «Ogni giorno lei prende la diaria, noi no, perché lei lo ha deciso senza alcuna base legale». Parole che, fossero state proferite da un politico italiano, avrebbero scatenato l’ennesima ondata social di propaganda anti-casta. In bocca a un «frugale» tedesco, invece, hanno fatto meno scandalo.

Da parte sua Sassoli ha provato a difendersi, dovendo ricorrere anche a un tono più alto di voce per calmare Ferber. «È stata presa una decisione per non affollare l’Aula - ha spiegato - e la scelta è stata del bureau all’unanimità». «La chiusura dell’Ufficio centrale registri è in ogni caso temporanea - ha aggiunto il presidente - e naturalmente il funzionamento di quella struttura potrà essere ripristinato». A tal proposito, Sassoli ha promesso a breve un’istruttoria per valutare un’eventuale retromarcia.

A guardare i dati dell’emergenza Coronavirus in Belgio, però, resta difficile immaginare una schiarita a breve termine. Nel Paese che ospita le più importanti istituzioni continentali al momento il Covid ha colpito oltre mezzo milione di cittadini e ucciso quasi 14mila persone. Cifre che, rapportate alla popolazione - 11,5 milioni di abitanti - inseriscono il Belgio tra le nazioni più in difficoltà al mondo. A occhio, insomma, gli eurodeputati dovranno rinunciare all’amata diaria ancora per un bel po’.

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