Il "mite" Speranza provoca l'esasperazione popolare
La mitezza di Speranza. Sembra un brano evangelico, invece è solo la sciagurata sfrontatezza di un ministro a caccia di nemici da additare alla pubblica opinione. La voce dal sen fuggita del ministro della Salute è significativa: «La mia mitezza ha un limite». E poi? E poi che cosa dobbiamo aspettarci, signor ministro? Botte ai governatori?
Forse ha ragione chi sussurra che il premier Giuseppe Conte ha contagiato i suoi ministri. E a quello della salute ha inoculato un insospettabile virus dell’arroganza. Una persona solitamente a modo come Roberto Speranza si è lasciata andare ad un sentimento che annuncia sfracelli, solo perché dal territorio è salita un’onda di contestazione per quell’Italia a colori che ha dato l’idea di punire più certe aree politiche che frenare la curva del coronavirus nelle regioni più a rischio. Ma non può permettersi un atteggiamento del genere il ministro della salute. E vogliamo essere certi che saprà trovare la maniera di scusarsi con i governatori che ha esposto inopinatamente al vento della protesta scatenata nel territorio. La sinistra di governo chiude alcune regioni tra fasce arancioni e rosse; e localmente manda i suoi attivisti (e la servitù pentastellata) a prendersela con chi governa le regioni. Così è davvero facile.
Ma sono proprio i presidenti e i sindaci a contare i morti, a disporre che si curi chi sta male, a rassicurare le famiglie che temono il peggio. E Speranza si permette di dire che la sua mitezza ha un limite.
Non si capisce se c’è o ci fa, il ministro chiamato a fronteggiare la pandemia di ritorno. Non spiega i ritardi enormi del dottor Domenico Arcuri, voluto da Conte, nel far attrezzare le terapie intensive in tutta Italia. Inizialmente volevano ignorare le regioni, poi, molto poi, le hanno coinvolte con enorme ritardo, a ottobre anziché a maggio come avrebbero dovuto fare. Lo spettacolo degli ospedali in enorme difficoltà è sotto gli occhi di tutti. E Speranza ci fa sapere che non è più mite...Ieri alla Camera si è permesso di dire anche all’opposizione che non bisogna fare polemiche. Lui, il ministro che sogna i delatori di condominio per spiare i vicini a cena in più di sei persone...
Eppure, sembra lesa maestà chiedere conto al ministro di quelle zone con cui ha pitturato alcune regioni e non altre. Guarda caso dipingendo d’arancione e di rosso quelle di destra...
Lui dice che non ne può più degli attacchi dei governatori. Come se fosse normale informarne solo alcuni e nemmeno tutti e certo senza condividere i provvedimenti con l’impatto enorme che hanno determinato sui territori. Ma Speranza frigna, e persino Myrta Merlino lo fulmina: «Roberto Speranza sta perdendo la mitezza e la pazienza? Francamente pure noi». E descrive benissimo, la conduttrice dell’Aria che tira su La7, il clima di esasperazione che vivono i cittadini. Chieda in giro al nostro popolo quale limite ha la pazienza delle persone che non fanno il ministro.
Non sono affatto miti, bensì imbufalite da tanta arroganza che non sembrava possibile. Viene davvero da chiedersi chi si crede di essere, Roberto Speranza. Sta lì, in quel delicato ministero, per rassicurare sul dovere di tutelare la salute dei cittadini e invece si permette un odioso braccio di ferro con le istituzioni più vicine al territorio. Pensa forse di incutere paura ad una popolazione che si sente prigioniera di provvedimenti assolutamente esagerati e soprattutto non giustificati da alcuna trasparente motivazione? Speranza non ha perso la mitezza, ma il contatto con la realtà. Un politico, in democrazia, dovrebbe sapere di essere sempre al servizio di una comunità. E se non comprende i motivi del disagio, vuol dire che è un despota.
Nessuno ha capito il trattamento con i guanti riservato allo sceriffo Vincenzo De Luca. Mentre tutti hanno compreso che succede nella regione di Nicola Zingaretti, dominus della maggioranza di governo. Ogni giorno – e non più solamente il nostro giornale – raccontiamo di una sanità laziale incapace di dare assistenza ai malati. Non si contano le figuracce, le barelle per ore in ambulanza, le file odiose per i tamponi e tanto altro ancora. Ma il Lazio è zona gialla, perché lo ha deciso Speranza. E fa pure il mite...