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Immigrazione, Luigi Di Maio e l'ipocrisia sui migranti: il ministro scopre che la Tunisia non è in guerra

Riccardo Mazzoni
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L’ineffabile ministro Di Maio ieri si è accorto, dopo l'attentato di Nizza ad opera di un migrante tunisino sbarcato a Lampedusa e sfuggito a ogni controllo, che gli attuali flussi migratori sono diventati “un problema di sicurezza nazionale”, e ha individuato qual è il problema: “Il messaggio che mandiamo alla comunità internazionale”, ossia che è troppo facile arrivare in Italia dal Mediterraneo. Diagnosi perfetta, a cui però il titolare della Farnesina non fa seguire le dovute conclusioni, limitandosi a gettare la palla in tribuna. Di Maio ammette infatti che c’è il rischio concreto di un’implosione sociale, raccogliendo così l’allarme che arriva dai Comuni, sempre più in sofferenza nel gestire i centri di accoglienza, ma sostiene che la risposta a questa emergenza nell’emergenza “deve arrivare dall’Unione europea”.

Una contraddizione in termini, perché se esiste una questione di sicurezza nazionale, la responsabilità di porvi rimedio è solo ed esclusivamente del governo: la solidarietà comunitaria in fatto di immigrazione è sempre stata poco più che formale, e con i confini sempre più chiusi per il dilagare del Covid è assolutamente illusorio pensare che l’Ue possa farsi carico dei nostri migranti. Il vertice di Malta è stato un fallimento totale, così come gli sbandierati accordi con la Tunisia, da dove continuano a partire centinaia di barchini che fanno rotta su Lampedusa, il cui hot spot, nonostante i costosissimi trasferimenti sulle navi crociera, è sempre più oltre i limiti del collasso, con i connessi rischi sanitari e di ordine pubblico.

Quella di Di Maio, insomma, è una dichiarazione di impotenza, un tentativo di nascondere le responsabilità del governo rossogiallo, le cui politiche fatte di sanatorie e di accoglienza indiscriminata hanno fatto da calamita all’arrivo dei migranti, favorendo i traffici degli scafisti. Accorgersi oggi che la Tunisia non è uno Stato in guerra, e che dunque chi arriva da là “deve essere immediatamente rimpatriato” è solo un’ipocrisia accompagnata dalla bugia pietosa secondo cui è impossibile intercettare gli sbarchi fantasma a bordo dei barchini. Il problema non sono infatti i barchini, ma, appunto, il “messaggio” che l’Italia è disposta ad accogliere tutti. E se è vero che è sbagliato l’automatismo secondo cui ogni richiedente asilo è un potenziale terrorista, questo non cancella il rischio delle infiltrazioni fondamentaliste nel flusso continuo di migranti nel momento in cui l’Isis sta mettendo in atto un nuovo, temibilissimo attacco al cuore dell’Europa, iniziato da Parigi e proseguito a Vienna.

Secondo Di Maio, il pericolo esisteva anche con i decreti sicurezza di Salvini, e quindi “strumentalizzare il tema è inutile”. Un’affermazione smentita però dai numeri degli sbarchi certificati dal Cruscotto del Viminale aggiornati a ieri: gli sbarchi quest’anno sono stati infatti 29.444, mentre nello stesso periodo del 2019 erano 9894, contro i 22.167 del 2018. In un anno, ventimila in più. Se è dunque vero che l’Italia è stata aiutata troppo poco dall’Europa, e che i Paesi di primo approdo hanno dovuto fronteggiare da soli ogni emergenza migratoria, sono evidenti le responsabilità di questo governo, che ha favorito l’aumento esponenziale degli arrivi. E invocare ora, come fa Di Maio, un patriot act europeo ispirato al modello americano è solo una sortita propagandistica che non porterà a nulla.
 

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