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Coronavirus, numeri choc. Il Covid è a scuola ma chiudono in casa gli anziani

Fra il 25 agosto e il 27 ottobre contagi aumentati del 496,66% nella fascia di età fra 0 e 19 anni

Franco Bechis
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Fra il 25 agosto e lo scorso 27 ottobre in Italia ci sono stati 278.017 nuovi contagiati dal virus, il 106,80% in più di quel che non era avvenuto fino a quel momento. Le cifre sono contenute nella tabella riassuntiva dei rapporti settimanali approfonditi dell'Istituto superiore della Sanità, guidato da Silvio Brusaferro. Quella tabella fornisce un dato che non c'è nei rapporti quotidiani: la divisione per decadi dei contagi (e dei deceduti) per classi di età. Raggruppando le prime due - quella fra 0 e 9 anni e quella fra 10 e 19 anni abbiamo in sostanza tutta la popolazione in età scolastica. Ed è proprio in questa fascia che sono esplosi i contagi in questi ultimi due mesi. La crescita nella popolazione scolastica è stata nel periodo del 496,99%, più quattro volte superiore alla media generale dei contagi in tutte le fasce di età. Non solo: la seconda fascia di età in cui il virus è cresciuto molto sopra la media è quella fra 20 e 29 anni, in cui si è avuto un aumento del 234,10% dei casi nei due mesi, e in questo arco c'è sicuramente tutta la popolazione universitaria. Dai 50 anni in su invece la crescita media è stata inferiore a quella generale.

Fra i 70 e i 79 anni è stata meno della metà di quella generale: aumento del 46,87% dei casi. Fra gli 80 e gli 89 anni la crescita è stata ancora inferiore: +28,30%. Ed è scesa ancora al di sopra dei 90 anni: +21,13%. I numeri dicono una cosa che sospettavamo: da quando è riaperta la scuola lì si è creato il cuore della seconda ondata del virus, anche se hanno continuato con testardaggine tutti a dire che non era così. Ma visto che il virus è cresciuto fra gli studenti di ogni età a velocità 4-5 volte superiore a tutti gli altri, è evidente che il cuore del dramma attuale è proprio la scuola. O perché non hanno funzionato i protocolli di sicurezza adottati al suo interno, o perché si è sottovalutato il mix trasporti-lezioni che ha portato il contagio a crescite così tumultuose frani giovani. Inutile accusare la movida e gli assembramenti che certamente vedono protagonisti quei giovani. Il fatto è che movida e assembramenti esistevano anche prima ed erano assai più affollati che in autunno, ma i contagi in quelle fasce di età erano davvero esigui. E' solo da quando è riaperta la scuola (e l'università) che la bomba è esplosa. Senza gravi conseguenze nei giovani: sono in gran parte asintomatici e se si ammalano hanno lievi sintomi, che quasi mai costringono al ricovero in ospedale. Ma gli studenti vivono in famiglia e frequentano adulti (madre, padre, parenti vari) e talvolta anche i nonni. Quindi sono un vettore di contagio pericoloso, questo è indubbiamente vero. E sono loro inconsapevolmente ad avere diffuso il virus mettendo in crisi in molta parte di Italia la rete ospedaliera.

I numeri non possono essere negati. Eppure vengono completamente ignorati e tutti ripetono come un mantra che la scuola deve restare aperta e che non è lì il problema. Non volendo guardare la realtà, nelle ultime ore si vorrebbe punire in qualche modo l'unica categoria che non solo non ha alcuna responsabilità in quel che sta accadendo, ma ne è la principale vittima: gli anziani, i nonni. Ieri è finito sulla graticola il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, che ha pubblicato un tweet da museo degli orrori: “Per quanto ci addolori ogni singola vittima del Covid 19, dobbiamo tenere conto di questo dato: solo ieri fra i 25 decessi della Liguria, 22 erano pazienti molto anziani. Persone per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese che vanno però tutelate”. Visto il clamore Toti ha chiesto scusa, riconoscendo di essersi spiegato male. Voleva dire che se bisogna stringere la libertà degli italiani, meglio fare un lockdown per le persone già in pensione che stando a casa verrebbero protette e non rischierebbero la propria sussistenza, mentre chiudere attività e chiudere in casa chi lavora potrebbe creare migliaia di “vittime economiche” del virus. E in effetti di questo si è discusso ieri fra Regioni e governo, con l'idea di un lockdown mirato a chi ha più di 70 anni, che verrebbe costretto in casa e isolato dal rischio di ammalarsi e finire in ospedali che potrebbero non essere più in grado di curarli. Il proposito di proteggere i più anziani fra noi è lodevole, ma un provvedimento di questo tipo inutile e anche ingiusto. Quattro passi all'aria aperta fanno solo bene a chi ha più di 70 anni, e mantengono in salute. Quanto alla prudenza e al rispetto delle regole sanitarie che ci siamo dati, sicuramente i più ligi sono in questa fascia di età. Già escono poco perché impauriti, non c'è ragione per murarli vivi in casa. Anche perché molti di loro non hanno più nessuno che possa occuparsene: figli e nipoti magari vivono in altre città, avrebbero difficoltà senza uscire anche solo a nutrirsi.

Se il cuore del problema è la scuola nel suo mix con il sistema di trasporti, si affronti soprattutto quello, e quanto agli anziani basta e avanza la raccomandazione di diradare incontri con i più giovani per non rischiare troppo. Hanno tutti la saggezza e la pazienza necessaria. Mentre questa tragedia che tutti fanno davanti a ipotesi di chiusura della scuola è assai più incomprensibile. Ci avranno detto bugie quando nella primavera scorsa premier e ministro dell'Istruzione magnificavano le virtù della didattica a distanza, altrimenti non si capirebbe il loro dramma ora. Però abbiamo tanti nostri nonni che la scuola non l'hanno potuta frequentare durante la guerra, recuperando dopo rapidamente con sudore e fatica. La tragedia non è certo quella.

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