Roberto Speranza, il libro che imbarazza il ministro: così Palazzo Chigi ha sfruttato la pandemia
Un ministro eroe. Pensavamo di aver trovato in medici e infermieri gli eroi del nostro tempo; e invece bastava cercarli al ministero della salute, dove è asserragliato Roberto Speranza. Finora ci eravamo imbattuti in un sola, ma eloquente, pagina del suo libro “Perché guariremo”; poi lo abbiamo letto tutto e ci siamo ammalati di modestia. In quelle pagine c’è una superbia che non ci aspettavamo da una persona che pure è di belle maniere come il responsabile del dicastero sulla salute. Noi, tra i pochi fortunati ad averlo divorato, quel libro, prima che venisse ritirato dal mercato editoriale.
Consiglio non richiesto al signor ministro: lo riscriva, togliendo di mezzo un’enfasi politichese che fa male alla verità. Sul Covid, perché di questo si tratta, si racconta una storia molto annacquata rispetto alla realtà e alle responsabilità di governo. E forse è meglio scriverne a fine mandato e non nel bel mezzo tra prima e seconda ondata. Perché ora si precipita in una retorica irragionevole.
Probabilmente sono assai le ragioni dell’ordine impartito alle librerie. Non lo esponete, non lo vendete, perché non si sa come va a finire. Un capitolo sui trasporti dimenticati prima o poi andrà aggiunto da Speranza. Se un libro ha la missione di raccontare una storia, non si può coprire un ministro per ragioni di solidarietà politica. Ogni riferimento a Paola De Micheli è assolutamente voluto. Quell’omissione segnalata proprio sui trasporti dal Comitato tecnico scientifico da aprile ad oggi è una denuncia che non si può ignorare se si mette su quello che abbiamo passato durante la stagione del Covid con tanto di lockdown compreso. La seconda ondata esplode anche per questo.
Roberto Speranza insiste in molte parti del suo libro – che comunque è scritto bene ed è arricchito di quell’umanità “politica” che fa bene alle istituzioni – sul capitolo trasparenza. Ma non c’è stata, soprattutto da parte di un governo che ogni sera ci ha inondato di numeri, ma nascondeva le soluzioni proposte nei verbali del Cts. Non è vero quello che scrive il ministro: il governo non ha affatto dato volentieri il via libera alla lettura di quei documenti. E’ stata la fondazione Einaudi a vincere davanti al Tar sul diritto a consultarli. Questa è la storia.
E c’è qualcosa di troppo nell’eccesso di autoreferenzialità che pervade una narrazione con cui Speranza tenta anche di esaltare il suo governo, in un difetto che è perdonabile: ma Il fronte non era al ministero, bensì nelle regioni. E negli ospedali.
Mai ci sarebbe aspettati di leggere – nel pieno di una pandemia – di un ministro della salute che soffre in ufficio per non poter celebrare il 25 aprile e che si commuove non per 35mila morti, bensì per Mattarella all’Altare della Patria. Senza vergare neppure una parola sugli assembramenti ridicoli di quella giornata che non fecero onore ai divieti imposti al popolo italiano.
Probabilmente il volume è ritirato dalle librerie perché torna la paura ed è troppo entusiasta. Al punto che all’inizio del libro è proprio Speranza a parlare di “eventuale nuova pandemia”. Le ultime parole famose. Eventuale? La snocciolate ogni giorno ora, altro che eventuale. Ci sbattete in faccia quotidianamente il numero dei positivi e mai quello dei tantissimi negativi, non ci raccontate mai quanti sono i decessi “normali” di ogni giorno rispetto a quelli da Covid.
Non è negazionismo, perché della malattia abbiamo doverosamente paura; ma ogni giorno circa 500 persone muoiono “anche” di tumore. Una cifra elevatissima: non la viviamo con la stessa angoscia, perché sappiamo che tantissimi ormai sopravvivono. Per fortuna. Raccontare quando dura la battaglia per la vita con il cancro e quanto durano invece - nella stragrande maggioranza dei casi - i giorni di incubazione del coronavirus basterebbe a circoscrivere comunicativamente la malattia, a far digerire senza angoscia le precauzioni da prendere. A uno che fuma troppo non vengono riservate le stesse “attenzioni” di chi dimentica la mascherina.
Ancora eccessi propagandistici nell’illusione dei soldi che arriveranno dall’Europa. Ma sarà troppo tardi, perché già si sa che non saranno 200 miliardi e chissà quando. E la malizia dell’assenza di ogni riferimento al Mes: il SalvaStati è dimenticato dal ministro della salute nel suo libro sulla guarigione prossima ventura. Il recovery fund provoca meno fastidi anche se sono soldi per la ricostruzione economica più che per la salute. Ma l’alleanza non consente di misurarsi sul Mes…
Poi, le prove di faziosità di governo e di maggioranza che rendono difficilmente accettabile che un ministro in carica possa scrivere certe cose. Non abbiamo alcun dubbio che Roberto Speranza abbia tenacemente tentato di coinvolgere l’opposizione. Telefonò ai leader e persino ai giornali: chi scrive – forse perché ex ministro della salute – ricevette da lui, nei giorni di inizio pandemia, una gradita e inaspettata telefonata. Ci sembrò comunque un bel segnale, utile a costruire un clima di concordia attorno alla battaglia da intraprendere contro il virus cinese.
Ma restò un esempio, bello ma solitario. Perché nelle pagine che mancano si dovrebbe raccontare perché il governo Conte non ha mai voluto condividere con Salvini, la Meloni e Berlusconi i dati scientifici alla base di ogni scelta politica. Se vuoi unità, la costruisci sul serio e non a parole.
Manca anche quel che accadde all’inizio, il rifiuto a comprendere le ragioni dei governatori del Nord che supplicavano di poter evitare la scuola ai ragazzini che venivano dalla Cina. Furono etichettati ingiustamente come razzisti.
Speranza dimentica anche l’esempio Nardella. Andava di moda la sottovalutazione del coronavirus e il sindaco di Firenze se ne uscì con l’invito a tutti ad “abbracciare un cinese”. Chissà perché, poi.
Ci sarebbe stato bene un rimbrotto serio, in un libro sul Covid in Italia, anche a chi come Nicola Zingaretti se ne andava a gustare aperitivi sui Navigli. Scrive il ministro: “E’ solo un’influenza un po’ più grave”, afferma Speranza di aver ascoltato nei bar. No, ministro, il segretario del Pd lo diceva anche nei telegiornali e non ve ne siete accorti. O fingete. E la finzione non deve avere spazio sulla ricostruzione di quelle settimane drammatiche di inizio pandemia.
Così come è sballata l’operazione riduzionista sulle mascherine della regione Lazio. In un capitolo intitolato “L’epopea delle mascherine” non si trova, in otto pagine, neppure una parola sul caso che ha scosso l’istituzione governata dal leader del Pd. Non è mai successo nulla oppure non si deve girare nella ferita?
E tanta propaganda persino sul “vaccino italiano”. Speranza ha un merito che gli va riconosciuto. Con la sua iniziativa – e non abbiamo dubbi che a riguardo racconti il vero – ha smosso assieme ad altri tre ministri continentali, l’Unione europea per stanziare fondi utili alla ricerca. Ma spacciare per tricolore qualcosa che chissà quando verrà mai alla luce e che certo ha molto più di svizzero che di italiano come questo giornale ha documentato abbodantemente e senza alcuna smentita, è francamente troppo e sa davvero di soffietto all’alleato. Sempre Zingaretti, appunto. Ma a che serve?
Un ultimo rammarico va riservato a Speranza. Crede nella democrazia, non gli piacciono i “pieni poteri”. E al governo è arrivato proprio contro quella formula che rimproveravano a Matteo Salvini. Ma non parli più di un Parlamento che ha approvato le decisioni del governo: la filosofia dei Dpcm a raffica e poi dei decreti legge ha manifestato l’esatto contrario. Al Parlamento si è imposto di tutto, a colpi di fiducia. Un libro deve raccontare la verità. Ecco perché andrebbe ristampato a fine mandato, magari riveduto e corretto.