Gel e mascherine, ecco la prova: Conte ha già pronto il nuovo lockdown
La parola ufficialmente è proibita. Ma anche se ieri in Senato ha ripetuto di volerlo evitare, Giuseppe Conte ha già preparato la strada verso un sostanziale lockdown, pronto a seguire il passo compiuto ieri da Emanuel Macron in Francia e in parte da Angela Merkel in Germania. Il primo segnale è arrivato dalla struttura del commissario all'emergenza sanitaria, Domenico Arcuri, che ha inviato la disdetta dei contratti ad alcune aziende fornitrici dei materiali sanitari di protezione della scuola. Secondo quanto risulta a Il Tempo la disdetta è già arrivata formalmente alle aziende che fornivano il gel igienizzante, ma sono state avvisate anche quelle che producono le mascherine per alunni, docenti e personale non docente, in primis Fca che ne aveva quasi il monopolio. L'interruzione delle forniture per la scuola fanno presagire il blocco totale della attività degli istituti, che sono la condizione prevista dal cosiddetto “scenario 4” tratteggiato dall'Istituto superiore di Sanità già nel mese di agosto: è quello della pandemia sfuggita totalmente al controllo delle autorità sanitarie e del sistema ospedaliero non più in grado di reggere alle conseguenze della crescita dei contagi e dei malati gravi. E' la condizione che portò al lockdown di marzo, anche se in questo caso il comitato tecnico scientifico lascia aperta la possibilità di chiusure diverse sul territorio nazionale.
Nei piani di Arcuri alle scuole dovevano essere fornite 11 milioni di mascherine chirurgiche al giorno e 160 mila litri di gel alla settimana. Secondo i dati più recenti al 27 ottobre risultavano distribuiti sul territorio nazionale 1.498.710 litri di gel igienizzante per le scuole soprattutto in Campania (247.788 litri), seguita da Lombardia,. Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Assai bassa in classifica la fornitura alle scuole del Lazio (solo ottavo posto con 66.825 litri). Alla data del 28 ottobre erano invece state distribuite alle scuole 547,5 milioni di mascherine chirurgiche, con la Lombardia primo obiettivo seguita dal Lazio.
E' chiaro che quei volumi dovevamo essere ridotti dopo l'ultimo dpcm che stabiliva la didattica a distanza al 75% negli istituti superiori, e con le ordinanze regionali prima della Campania e da ieri anche della Puglia che avevano chiuso tutto. Ma la progressiva sospensione ufficiale delle forniture indica che la situazione sta andando verso il fermo totale della scuola. Chiaro che se tutti i figli devono restare a casa il fermo della attività non può essere il solo, perché qualcuno deve pure accudire i minori ed è assai sconsigliabile in questa situazione del contagio l'affido a persone anziane come ovviamente sono i nonni. Debbono per forza esserci provvedimenti estesi sullo smart working e il finanziamento di nuovi congedi parentali. In ogni caso il solo scenario di simulazione che prevede la chiusura totale della scuola anche per un tempo circoscritto (qualche settimana o mese a seconda delle evidenze) è quello “rosso”, numero 4 già scritto dagli esperti del comitato tecnico e scientifico. E' una condizione assai prossima visto il crescendo della attuale curva dei contagi e fin qui la palese inutilità di tutte le misure di contenimento adottate (dalle mascherine all'aperto del tutto inefficaci dopo oltre due settimane dall'adozione, alla chiusura parziale o totale di alcuni esercizi) fa pensare che entro una settimana al più l'Italia entri nella condizione che prevede misure assai più severe. I tecnici non evocano mai il lockdown nazionale dietro precisa indicazione dell'esecutivo, ma ipotizzano “restrizioni regionali e provinciali”. In vista dello scenario 4 dovrebbero già ora essere avviate le procedure per attivare “personale aggiuntivo esterno a supporto del Dipartimento di prevenzione e delle attività Covid”, e il “potenziamento degli alberghi per l'isolamento dei casi”. Per tutti gli italiani verrebbero previste restrizioni generalizzate alla libertà di movimento “con estensione e durata da definirsi rispetto allo scenario epidemiologico; in caso di restrizioni localizzate, restrizioni della mobilità da/per le zone interessate”. Ma sarebbe una misura di contenimento ormai tardiva, che sancirebbe il fallimento totale della gestione pandemica da parte del governo avviando l'Italia a una nuova drammatica conta delle bare. Scrivono gli stessi tecnici di Conte: “si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di una epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità”.
Difficile dare torto di fronte a queste parole che il governo conosceva benissimo a chi già oggi sostiene sia preferibile un nuovo lockdown generalizzato per qualche settimana alla scelta incomprensibile e solo dannosa della chiusura in alcuni orari di alcune attività. Un modo di prendere tempo inutile e rischioso per la salute degli italiani, tanto più che come vediamo al lockdown poi si arriverà con grande ritardo. Il governo sta infilando come a febbraio e marzo una nuova catena di errori in gran parte dovuti alla testardaggine di ministri come Lucia Azzolina e Paola De Micheli che hanno governato malissimo i due settori che hanno originato la ripresa del virus: scuola e trasporti.