Coronavirus, Massimo Giannini malato di Covid: "Cacciate l'assessore di Zingaretti"
Il direttore della Stampa malato di COVID-19 racconta cosa ha visto e cosa ha pensato dopo cinque giorni di ricovero
Un editoriale dalla terapia intensiva dove è ricoverato da cinque giorni. Il direttore della Stampa Massimo Giannini si è ammalato di Covid19 e dalla stanza di rianimazione racconta la drammatica situazione che vede e che sente da medici e infermieri mentre la curva dei contagi torna a impennarsi e sembra ormai inarrestabile. E proprio dal letto d'ospedale parte un attacco durissimo contro l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. Il direttore de La Stampa chiede al presidente della Regione Lazio di “cacciare D’Amato domattina stessa”, per la gestione dilettantesca contro la pandemia.
Così in poche righe Giannini affonda l’assessore e la giunta di centrosinistra. "L’odissea tamponi al Drive in – scrive Giannini – è una vergogna nazionale, in una regione come il Lazio dura da mesi e ancora non è chiaro quali strutture private siano abilitate a fare che cosa, tra antigienici e molecolari, e mentre famiglie con bambini fanno le file di notte in automobile, un assessore, che Zingaretti farebbe bene a cacciare domattina stessa, vaneggia di psicosi: di chi è la colpa?".
"Oggi festeggio quattordici giorni consecutivi a letto, insieme all’ospite ingrato che mi abita dentro" scrive ancora Giannini, spiegando le sue condizioni: "Gli ultimi cinque giorni li ho passati in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro".
Dall’impreparazione generale alla seconda ondata - di cui aveva scritto domenica scorsa - alle telefonate ricevute, tra cui quelle del ministro della Salute Roberto Speranza e del presidente della Campania Vincenzo De Luca, tutte all'insegna del solito "scaricabarile italiano" di responsabilità. Racconta tutto quello che non funzionano o che sta smettendo di funzionare, nonostante i mesi di tempo per prepararli, continua raccontando la sua situazione: "Ho infettato anche mia madre, novantenne, malata oncologica, vive sola, come migliaia di anziani, eppure non c’è servizio domiciliare che possa supportarla né medico di base che vada a visitarla".
"Non recrimino, non piango - scrive - Vorrei solo un po’ di serietà. Vorrei solo ricordare a tutti che anche la retorica del «non possiamo chiudere tutto» cozza contro il principio di realtà, se la realtà dice che i contagi esplodono. Se vogliamo contenere il virus, dobbiamo cedere quote di libertà. Non c’è altra soluzione. Chiudi i locali notturni? Fai il coprifuoco? Aumenti lo smartworking? Ci sarà un conto da pagare, è evidente. Il lockdown totale di inizio 2020 ci costò 47 miliardi al mese e un dimezzamento di fatturato, valore aggiunto e occupazione nazionale. Oggi non dobbiamo e non vogliamo arrivare fino a quel punto. Ma qualcosa in più di quanto abbiamo fatto con l’ultimo Dpcm è doveroso".