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Alla Capitale servono poteri da Regione

NUOVA GIUNTA IN CAMPIDOGLIO

Francesco Storace
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Con lo scrutinio per i ballottaggi, nelle prossime ore altre città avranno i loro sindaci. Con i loro poteri, le loro competenze. Esattamente come Roma. E’ normale?

Da questa elementare considerazione deve nascere un dibattito - serio – per le prossime amministrative di Roma. Soprattutto nel centrodestra, anche se più in generale dovrebbe valere per tutti gli schieramenti politici. Non basteranno più i nomi dei candidati a sindaco se non si assumeranno e concretizzeranno impegni costituzionalmente degni di una capitale. Il tema si chiama Roma regione.

Da troppi anni si discute della legislazione concorrente tra Stato e regioni. Ed è una conseguenza del pressappochismo con cui la sinistra disegnò a maggioranza – mai dimenticarlo – la riforma del titolo V della Costituzione. Ecco, Roma capitale invece soffre di amministrazione concorrente. Una decisione importante – pensiamo per un attimo al campo urbanistico, ma in generale alle attività produttive e non solo – deve passare per il vaglio della regione, oltre che di un’infinità di enti. È storia vissuta.

A Roma ci vuole un governatore. Con i poteri della regione. Per snellire le lungaggini tra enti del territorio, per vincere la concorrenza spietata delle altri grandi capitali d’Europa e d’Occidente.

L’aula di Giulio Cesare che legifera per la città senza il passaggio in regione. Quindici municipi che diventano quindici comuni con i loro sindaci. È solo un sogno oppure ci si può cominciare a lavorare? Per farlo occorre una riforma costituzionale che aggiunga alla regioni esistenti, una parola all’articolo 131: Roma. Un aggiornamento delle regioni esistenti, un rafforzamento serio dei poteri della Capitale. Aumentano le regioni? Se abbiamo tagliato 345 parlamentari, non saranno una tragedia i 48 consiglieri comunali – deputati della Capitale. Già li chiamano onorevoli…

I partiti devono avere coraggio. È evidente che a destra come a sinistra nascerebbero le fazioni delle altre grandi città, ma fino a che non si rivolve, per primo e con dignità, il tema dei poteri della Capitale d’Italia, nessuno avrà la bacchetta magica per risolvere le tragedie di un territorio che arranca tra mille difficoltà.

Poi verrà il programma. E magari un candidato sindaco che possa dire alla sua coalizione: quando governerete voglio questa modifica istituzionale entro un anno, altrimenti si torni al voto anticipato per il Campidoglio. Una scommessa per il futuro. Dietro di sé, quel candidato – una volta eletto – avrebbe una città intera da schierare davanti a Palazzo Chigi e al Parlamento per pretendere quello che a Roma spetta.

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