Centrodestra, fallito il sogno della spallata a Conte: ora cambia musica
Quando le cose non vanno al meglio nelle fila della politica la prima tentazione di solito è cambiare partito. Lo fanno gli elettori, e questo è un loro diritto. Lo fanno però anche gli eletti, che non sentono le loro chiappe più tanto al sicuro. E' raro invece che a qualcuno venga in mente di cambiare spartito, perché le note che suona non incantano più il pubblico come una volta. Ma è di questo che realisticamente avrebbe bisogno il centrodestra.
Intendiamoci, il voto delle ultime regionali non è stato una tragedia per i leader dell'opposizione: hanno conquistato una regione in più rispetto a prima, e conservato quelle che già avevano mentre a quelli dipinti da tutti come i trionfatori è accaduto l'esatto contrario: hanno perso una regione che avevano e non ne hanno strappata nessuna agli avversari. Si può dire quindi che Nicola Zingaretti abbia portato a casa la pellaccia, che rischiava di essergli levata in caso di sconfitta in Toscana.
Non che abbia trionfato: dove ha conservato anche con risultati lusinghieri le giunte che aveva già, come in Campania e in Puglia, il risultato è dovuto non tanto al Pd, ma alla forza personale dei due governatori: Vincenzo De Luca e Michele Emiliano. Entrambi per altro hanno associato nelle liste che li hanno portati al successo esponenti di spicco e di potere allevati e cresciuti nelle fila del centrodestra che poi hanno deciso con vizio antico di cambiare partito e non spartito. Il centrodestra è andato maluccio in entrambe le regioni, ed è un fatto, ma nel centro e nel Nord Italia la musica è stata altra. In Toscana ha sì fallito il miracolo della spallata, ma insieme ha ottenuto lo stesso risultato delle ultime europee: il migliore della sua storia. In Liguria, Veneto e Marche ha trionfato con percentuali altissime anche dovute alle liste personali dei governatori.
Resta ancora oggi la prima coalizione di Italia, e se la Lega ha perso appeal rispetto a un anno prima, il travaso di consensi è stato in gran parte interno a beneficio di Giorgia Meloni, che è la star politica dell'ultimo anno. Non c'è nessuna tragedia in corso, dunque. Ma la spallata non è riuscita, e non mi riferisco a quella pur importante in Toscana perché non ci si può nascondere che lo spartito scritto da Meloni, Salvini e (meno) Silvio Berlusconi pensava di suonare quelle note ben più in alto, facendo ballare il governo di Giuseppe Conte e la sua maggioranza. Non solo non è accaduto, ma forse proprio quell'obiettivo naturale per chi fa opposizione è quello che ha spaventato un po' gli elettori. Non perché siano innamorati del premier e della sua sgarrupata maggioranza, ma perché gli italiani hanno vissuto mesi di paura e hanno ancora molti timori sul futuro: non è il momento per un terremoto politico. Se la spallata ha bisogno di tempi lunghi e pazienza, allora lo spartito del centrodestra va cambiato. Perché è assai probabile per mille motivi che questa legislatura non abbia una fine anticipata ed è quasi sicuro che navigherà anche fra piccole e grandi tempeste almeno fino alla elezione del nuovo presidente della Repubblica, gestendo quel Recovery Fund con le sue decine di miliardi di aiuti che servono agli italiani come il pane. Arriveranno più in là di quel che si è promesso con tanta enfasi? Vero, e saranno spalmati lentamente negli anni. Ma ci serviranno, ed è inutile in questo momento sparare a zero sull'Europa. Meglio lanciare pubblicamente idee su come spendere quei soldi per urgenze un po' meno strampalate e fantasiose di quelle partorite dai ministri dell'esecutivo.
Come hanno dimostrato le regionali, in questo momento c'è bisogno di Mister Wolf, di persone capaci a risolvere i problemi più che di quelle bravissime ad abbaiare alla luna. Servono soldi prima di allora? Stanateli sul Mes che sarebbe disponibile ora, senza farne battaglie ideologiche. Dicono che non ci sono condizionalità? Sfidate il governo a provare a verificarlo chiedendone l'utilizzo. Se saltano fuori trappole fino a quel momento negate, dimostrerete quello che fin qui sospettavate. Ma se quelle trappole non ci sono, metteteli in crisi anche usando la piccola leva di Matteo Renzi in Senato perché quei 39 miliardi oggi potrebbero servire a risolvere problemi.
Perfino nella scuola, dove servono in questo momento anche interventi di sicurezza sanitaria (il distanziamento e i famosi banchi questa ragione hanno). Meglio sfidarli così, su cose concretissime e utili agli italiani che andare a presentare una mozione di sfiducia in Senato al ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina che resterebbe al suo posto ricompattando la sua maggioranza. Fate il vostro dettagliato Recovery plan e lo illustrate agli italiani misura dopo misura con realismo, poi lo porterete in Parlamento cercando di emendare le proposte del governo. Non avete i numeri per imporre nulla, certo. Ma con un po' di furbizia si riescono a trovare le crepe giuste per fare passare magari poche cose, ma importanti agli occhi di tutti.
Non abbaiate, mordete quando necessario per portare agli italiani anche il più piccolo dei bocconi: sfama pure quello, e in questo momento serve anche una briciola di pane. Se l'orizzonte è il 2022 o il 2023, invece di iniziare una lunga campagna sul parlamento delegittimato dopo il voto referendario (vero, ma non porterebbe a nulla), iniziate a costruire ipotesi intelligenti sull'elezione del prossimo presidente della Repubblica, cercando figure che davvero possano rappresentare tutti gli italiani e non una piccola parte. Altrimenti vi ritroverete lì proprio Conte che è il vostro peggiore degli incubi. O no?