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Coronavirus, il grande bluff: il vaccino italiano si fa in Svizzera

Francesco Storace
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Il governo di Giuseppe Conte suona la grancassa del vaccino tutto italiano, ma dimentica di svelare che i soldi i soldi dei contribuenti italiani finiscono in realtà a beneficio di una società  svizzera anonima (non svela i suoi proprietari), molto vicina ad una multinazionale come la Glaxo, che le ha pagato finanche la costruzione dei laboratori.

Quattrini pubblici spesi quindi senza dire la verità ai cittadini. Nessuna verifica, e una corsa contro il tempo dovuta all'ansia da prestazione del Pd e dei suoi uomini che nella migliore delle ipotesi con milioni di euro dello Stato italiano per il fantomatico vaccino tricolore, faranno avere a misteriosi azionisti utili e dividendi tassati dall’erario svizzero. 

L’operazione ha firme di primo livello: i ministri Gaetano Manfredi e Roberto Speranza; il governatore e segretario del Pd Nicola Zingaretti con il suo fido assessore Alessio D’Amato; il presidente dell’istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il direttore generale dell’agenzia del farmaco Nicola Magrini; il direttore del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli e il direttore scientifico dello Spallanzani Giuseppe Ippolito; hanno capito o no che dietro la bufala del vaccino italiano c’è chi corre per fare cassa in Svizzera?

Le mani lunghe sul Covid-19 rischiano di far ingrassare qualcuno e chi ha incarichi istituzionali farebbe bene a prestare attenzione a quello che succede anziché lanciarsi a capofitto in improbabili campagne patriottiche. Perché i soldi degli italiani – i primi otto milioni già stanziati da regione e governo – non meritano di finire in terra elvetica, non si sa a chi…

Riunitevi senza telecamere e taccuini dei cronisti, onorevoli della Regione Lazio e ministri del governo Conte. Fatevi portare le carte vere e chiedete a questa società “italiana” che ci promette il vaccino tricolore – la Reithera – se la sua proprietà abbia sede proprio in Svizzera. Già, dalle carte risulta che Reithera sia di proprietà della società anonima di diritto svizzero Keires Ag. In pratica i quattrini che lo Stato versa alla società di Castel Romano si trasformano in utili che incassa una società che le tasse le paga in Svizzera. Nel Cda anche tre ricercatori italiani che preferiscono altri lidi alla tanto amata Patria. E soprattutto madame Jamila Louahed, vicepresidente della Glaxo con delega alla ricerca… Che con Reithera avrebbe sottoscritto un accordo, ai tempi in cui era in vita il compianto professor Riccardo Cortese proprio per la disponibilità dei laboratori di Castel Romano.

La Keires risulta accreditata nella sua natura giuridica presso il Registro di Commercio del Cantone di Basilea come “società anonima”. Non si potrà mai sapere chi incassa i profitti. Meno fanfare e più attenzione. Di più, la partnership sarebbe tedesca e belga. Via le coccarde tricolori. 

Appare anche un professore napoletano, Alfredo Nicosia, che un tempo era amministratore della società in questione. Poi, in un certo momento dell’anno di grazia 2017, “decise” di lasciare tutte le cariche che ricopriva all’interno della stessa. Quasi una fuga. Nessuno sa perché.

Salvo rispuntare all’importante riunione del 17 marzo 2020, con ministri e compagnia varia, quasi per parlare di nuovo a nome di Reithera, senza che si siano registrate novità nella compagine sociale e /o scientifica. Nicosia, napoletano come il ministro Manfredi. Di cui è un autorevole collega universitario nella loro città. In quella riunione si sottoscrive un protocollo che assegna tre milioni alla ditta e cinque allo Spallanzani.

Infatti il tutto ha come palcoscenico proprio l’importante ospedale di Roma. Lo dirige la dottoressa Marta Branca, molto apprezzata dall’assessore Alessio D’Amato, accanito fan del fantomatico vaccino tutto italiano. Tra loro due ogni tanto si fa spazio anche il direttore scientifico Giuseppe Ippolito. Eppure, tutti e tre sanno che in quell’ospedale è la prima volta che si fa sperimentazione clinica di un candidato vaccino, e risulta che ci siano state anche difficoltà a  presentare i protocolli  prescritti.

Tanto per capirci, malgrado la grancassa mediatica enorme su stampa e tv, la fase uno della ricerca allo Spallanzani ha riguardato finora un numero irrisorio di volontari. Nel mondo ben otto vaccini sono già in sperimentazione alla fase 3, vaccinando decine di migliaia di volontari e sono in dirittura d’arrivo mancando una manciata di settimane alla validazione finale. 

Non si capisce allora come si faccia a vantare successo per una sperimentazione già guardata con scetticismo da larga parte del mondo scientifico. Su questo si spende persino Domenico Arcuri, super commissario praticamente a tutto, che già applaude – pure lui – al “vaccino italiano” di Basilea. Ma non è che nel nome degli “interessi strategici” dell’Italia si sta pensando a far spendere una decina di milioni di euro pubblici per entrare in Reithera a beneficio di chissà quali soci anonimi della società svizzera? Voci maligne circolano dalle parti di Invitalia. E di sicuro la storia avrà molte  puntate…

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