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Propaganda grillina sui bus dell'Atac. E paghiamo noi

Franco Bechis
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Da qualche giorno sulle strade di Roma girano - finché non prenderanno fuoco - bus dell'Atac che qualche dubbio suscitano fra gli utenti. Sono gialli, e non rossi come la livrea capitolina imporrebbe. E sono gialli perché dipinti del colore del M5s che li ha fatti ridipingere mettendo il proprio simbolo elettorale e lo slogan «Vota Sì» al referendum del 20 e 21 settembre. È una pubblicità elettorale, che forse rischia di danneggiare un po' l'Atac perché molti utenti potrebbero scambiare il bus giallo per un mezzo privato destinato al trasporto turisti e quindi non salire a bordo. Ma che dovrebbe essere stata regolarmente pagata dal Movimento 5 stelle alla concessionaria di pubblicità che serve Atac (la Igp Decaux). Non che ci sia particolare trasparenza: i giornalisti de Il Tempo ieri hanno provato in ogni modo ad avere notizie sulle tariffe praticate e sulla durata della campagna, ma si sono trovati di fronte un vero e proprio muro di gomma. Nessuna notizia di un tipo o dell'altro, e non ci resta di sperare che quei bus tornino tutti rossi secondo livrea nella notte fra venerdì e sabato per rispettare un silenzio elettorale che altrimenti verrebbe clamorosamente violato.

Ma su quei bus si trova risposta anche a un'altra domanda che viene naturale a noi giornalisti (o giornalai come ci chiamerebbero i 5 stelle) curiosoni: «Chi paga?». Bene, c'è scritto: «Committente responsabile: Gruppo Movimento 5 stelle Camera». Ed è una notiziona. Anzi, una svolta epocale per il movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, perché quella piccola scritta su un bus della capitale fa a pezzi un caposaldo, uno dei pilastri fondanti del M5s. Sbugiarda pure quanto detto solo un paio di mesi fa dal figlio del co-fondatore, Davide Casaleggio: «Il Movimento 5 Stelle non ha mai ricevuto finanziamenti pubblici». Non solo non è così (forse non è mai stato vero), ma quella pubblicità seminata sui mezzi di trasporto della città guidata da Virginia Raggi dice una cosa che per quel mondo sembrava tabù: il M5s è diventato un partito della vecchia politica che voleva combattere che usa per fare la propria propaganda elettorale soldi pubblici provenienti dai contribuenti italiani che per altro manco sanno di spenderli in questo modo. È un utilizzo del finanziamento pubblico ai partiti più subdolo della vecchissima legge che lo regolava nella prima Repubblica e pure della contestatissima legge sui rimborsi elettorali che i grillini si vantavano di avere sempre rifiutato.

 

I soldi per pagare quella pubblicità (sempre sperando che sia stata pagata) vengono infatti dai fondi pubblici che Camera e Senato per regolamento interno distribuiscono ai gruppi parlamentari per garantire il loro buon funzionamento. Il Movimento 5 stelle della Camera ha ottenuto nel 2019 per quel motivo 9,1 milioni di euro, e la somma dovrebbe essere utilizzata per assumere personale necessario a fare funzionare il gruppo a Montecitorio, a pagare consulenze per studi e ricerche utili alla presentazione di emendamenti e progetti di legge, al limite anche a comunicare all'esterno i provvedimenti che stai presentando o che hai fatto approvare in aula. Ma il loro scopo non è quello di pagare le spese di una campagna elettorale di un partito o movimento politico che sia, perché altrimenti tanto valeva mantenere in piedi la legge sui rimborsi o sul finanziamento pubblico dei partiti che almeno avevano la chiarezza di essere nate per quello anche di fronte a tutti i contribuenti-elettori italiani. Così è fargliela davvero sotto il naso, alla chetichella, secondo il peggiore andazzo della vecchia politica. E non accade solo sui bus, perché ha la stessa origine anche la pubblicità elettorale «Io voto sì» che appare su tutti i social in questi giorni e ha fatto sorridere ieri perché appariva perfino sopra i post di Matteo Salvini e Giorgia Meloni: anche questa è pagata con soldi pubblici, quelli che la Camera ha girato al M5s. Ecco, invece di rimborsare con un sotterfugio quegli spot sarebbe stato assai più nobile per i vertici del M5s usare quei soldi per rimborsare sudore e finanze dei molti militanti grillini, quelli che si sbattono nei gruppi territoriali da anni organizzando banchetti, facendo campagna elettorale per questo o quel candidato mettendo a disposizione il proprio tempo e il proprio portafoglio per pura passione, no?

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