"Spunta il nome di..." Riecco la gogna di carta contro Salvini e la Lega
Spunta il nome di...» è la formula magica usata dai titolisti giacobini per gettare fango sui leader politici scomodi e coinvolgerli surrettiziamente nelle inchieste giudiziarie più scabrose. Se poi quelle inchieste, rimaste sottotraccia per mesi o per anni, deflagrano proprio alla vigilia di importanti tornate elettorali, allora quella formula assume una valenza ancora più subdola.
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Ieri i quotidiani del network giustizialista, Il Fatto quotidiano e Repubblica, hanno dato conto all’unisono, parlando dell’inchiesta sulla Lombardia Film Commission, di una cena a Roma dello scorso maggio alla quale avrebbero partecipato Salvini, il vicepresidente del Senato Calderoli, il senatore Borghesi e un revisore contabile alla Camera per la Lega. Un normale incontro politico tra compagni di partito? No: quella cena – e le relative intercettazioni col famigerato trojan – sarebbe invece la «pistola fumante» del coinvolgimento del Capitano nell’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti alla Lega. Da cui «spunta il nome di...». Circostanza però subito smentita dalla stessa Procura di Milano, che ha negato la presenza e l’attivazione in quella sede dei micidiali captatori informatici. Una smentita opportuna, anche se non sarebbe certo stata la prima volta di parlamentari intercettati dalla magistratura senza la dovuta autorizzazione della Camera di appartenenza. Ma il punto questa volta è un altro: l’assedio giudiziario in atto nei confronti del leader dell’opposizione, che va avanti da quando la Lega è diventata il primo partito italiano. Sarà un caso, ma anche a gennaio, alla vigilia delle regionali in Emilia Romagna...
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