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FdI e il Campidoglio, Andrea Augello: "Si vince con un progetto"

Andrea Augello (FdI): «Un nome ora non serve, bisogna prima immaginare il futuro di Roma»

Fernando M. Magliaro
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A Roma il centrodestra non ha bisogno di un programma ma di un progetto che è una cosa molto più seria e complessa: vincere le elezioni senza avere un progetto è un boomerang che ha già bruciato generazioni di amministratori. Questo progetto si basa sulla competizione, cui Roma dovrebbe prepararsi e non lo sta facendo, ad aggiudicarsi le risorse che arriveranno in Italia attraverso il Recovery Fund».
Andrea Augello, già sottosegretario, senatore, assessore al Bilancio della Regione Lazio, oggi in Fratelli d’Italia, Roma la conosce bene. 
Augello, cosa intende quindi per «progetto»?
«I finanziamenti europei sono per l’ambiente, le infrastrutture, le imprese. Opportunità, forse irripetibili, che possono strappare Roma a questa marginalità purché ci siano idee chiare su cosa fare. A Roma ormai vengono meno non le sfide con le altre capitali europee ma i servizi primari: hanno collassato i trasporti, la nettezza urbana, la manutenzione stradale, la potatura del verde. Tutto questo non si affronta senza un grande investimento ma anche una riorganizzazione di questi servizi primari. Queste risorse possono essere reperite in modo significativo da nuovi finanziamenti europei».
D’accordo, ma nello specifico?
«Non si può pensare di fare questo da soli. Occorre riaprire un dialogo con i corpi intermedi, con il tessuto delle imprese. È un lavoro molto più complesso che fare un programma. Programmi che sono libri dei sogni e poco altro: bisognerebbe introdurre il principio delle coperture finanziare e forse diventerebbero più credibili, meno pagine e più concretezza».
Augello, un’analisi su Roma non può eludere il quinquennio Raggi.
«I cinque anni di Virginia Raggi consolidano una parabola discendente del declino della città. Si può discutere su quanto questo sia dipeso dalla sua impreparazione e quanto da problemi strutturali. Roma ha comunque raggiunto il suo più basso punto di declino che coincide anche con la massima marginalità della città nella programmazione delle politiche del governo. Nell’esperienza del M5S è mancata anche la discontinuità rispetto a pasticci, inchieste e avvisi di garanzia, cioè tutto quel mix che aveva fatto la fortuna del Movimento 5Stelle. L’Amministrazione Raggi è ormai di casa nella Procura della Repubblica».
A sinistra sembra regnare il caos. Ma a destra non è che le cose sembrino migliori: a parte i manifesti di Salvini con tre slogan, non c’è altro. C’è un nome a destra?
«Il centrodestra, rispetto alle passate e suicide elezioni ha ben chiara l’esigenza di presentarsi assolutamente unito. Non ho mai creduto a questa storia dei nomi. Intanto dobbiamo capire quale tipo di elezione dovremo fare a Roma: le comunali cadranno dopo le regionali di settembre».
Se finisce cinque a uno...
«O anche quattro a due, insomma, male per il centrosinistra, difficilmente saranno evitabili conseguenze sulla Regione Lazio e sul Governo nazionale. Votiamo con un rimpasto di Governo che porta Zingaretti fuori dalla Regione e quindi votiamo per Regionali e Comunali insieme oppure votiamo solo per le Comunali? Le due alternative fanno un’enorme differenza, anche per la scelta del nome che, quindi, diventerà di attualità da ottobre con un quadro politico più definito. A quel punto al tavolo del centrodestra potremmo avviare il confronto sui contenuti del progetto anche per scegliere il migliore profilo. Anche perché io non credo all’uomo che vince da solo. Un uomo solo a Roma non fa niente».
Il suo nome lo infiliamo nella rosa dei papabili?
«Non credo nelle autocandidature. Inoltre, al ballottaggio un candidato del centrodestra politicamente molto identificabile, faciliterebbe quello di centrosinistra nel tentativo di coagulare gli elettori della maggioranza di governo».
Uno dei temi è da inserire nel «progetto» è quello dei poteri di Roma. La Lega è un problema?
«Credo che sia un problema superato: la Lega “Roma Ladrona” è storia del passato».
 

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