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Nei guai l'uomo di Zingaretti. D'Amato sotto inchiesta per danno erariale

L'assessore alla Sanità del Lazio sotto la lente della Corte dei conti. Avrebbe usato fondi di una onlus per pagare la sua campagna elettorale

Valeria Di Corrado
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Al verde della Foresta amazzonica, Alessio D’Amato aveva aggiunto il rosso della bandiera del partito dei Comunisti italiani, di cui in quegli anni era capogruppo al Consiglio regionale del Lazio. Da questo mix equivoco di soldi e intenti era nata l’Associazione Rosso-Verde, reale beneficiaria dei finanziamenti pubblici erogati a favore della Fondazione Italia-Amazzonia onlus. 

In pratica, i fondi regionali che dovevano servire a promuovere progetti di solidarietà e cooperazione internazionale a favore delle popolazioni amazzoniche sarebbero stati utilizzati da D’Amato, attuale assessore alla Sanità del Lazio, per le iniziative politiche dell’Associazione Rosso-Verde, che lo vedevano protagonista. Per la Procura della Repubblica di Roma si trattava di una truffa - anche se il processo è finito in prescrizione -, per la Procura della Corte dei conti del Lazio, invece, si tratta di un danno erariale da 275mila euro e di cui potrebbe dover rispondere in primis Alessio D’Amato, all’epoca vice presidente e poi presidente onorario della Fondazione Italia-Amazzonia, e contemporaneamente rappresentante legale e presidente dell’Associazione Rosso-Verde.

 

L’indagine contabile è ancora in piedi, nonostante i fatti contestati risalgano a circa 15 anni fa. La prima sezione del gruppo investigativo del Nucleo speciale Spesa pubblica e Repressione delle frodi comunitarie della Guardia di Finanza di Roma, su delega del vice procuratore contabile Barbara Pezzilli, ha elaborato una relazione conclusiva d’indagine, che ha preso spunto da quanto accertato dal Nucleo investigativo dei carabinieri su delega dell’allora sostituto procuratore di Roma Giuseppe de Falco. I soldi concessi alla Fondazione Italia-Amazzonia onlus negli esercizi finanziari 2005-2006 rientravano nei fondi che annualmente venivano stanziati dalla Regione Lazio per la realizzazione di opere pubbliche e iniziative di carattere socio-sanitario, culturale e sportivo. Le fatture esaminate dalla Finanza, però, avrebbero dimostrato che i fondi ottenuti dalla Fondazione Italia-Amazzonia venivano, per la quasi totalità, destinati a iniziative politiche estranee sia al progetto stesso che alle finalità della onlus, essendo stati di fatto destinati alle finalità dell’Associazione Rosso-Verde, ossia ad iniziative politiche e a materiale elettorale direttamente riferibile a D’Amato. 

 

I finanziamenti stanziati a favore della onlus nel bilancio della Regione Lazio sono due: uno da un milione di euro per il progetto «Casa dei popoli e della solidarietà» (mai erogato) e uno da 275 mila euro (interamente erogato) per il progetto «iniziative di conoscenza, solidarietà e difesa della cultura delle popolazioni Indio-Amazzoniche». Quest’ultimo finanziamento - secondo le Fiamme gialle - sarebbe stato «dolosamente distratto» da D’Amato e da tre suoi collaboratori: il funzionario regionale Egidio Schiavetti, attualmente capo segreteria dell’assessorato alla Sanità, e all’epoca capo segretaria sia della Fondazione Italia-Amazzonia che dell’Associazione Rosso-Verde; Barbara Concutelli e Simona Sinibaldi, rispettivamente presidente e addetta alla segretaria della onlus, nonché tra i fondatori dell’Associazione Rosso-Verde. 

 

Tutti e quattro il 4 febbraio 2011 erano stati rinviati a giudizio per truffa dal Tribunale di Roma, ma il processo si è concluso il 2 febbraio 2016 con una sentenza di «non doversi procedere per intervenuta prescrizione», pronunciata dal giudice della settima sezione penale Simona Calegari. Il primo giugno 2012 la Regione Lazio si era costituita parte civile nel procedimento, ma dopo l’estinzione per prescrizione - «pur essendo perfettamente a conoscenza del pregiudizio patrimoniale subito» e pur non essendoci stato un proscioglimento nel merito - non ha intrapreso alcuna iniziativa legale sul fronte civile per recuperare la somma. E D’Amato non si è fatto avanti per risarcire questi 275 mila euro, «nonostante abbia ricoperto e ricopra tuttora cariche di notevole rilievo nell’ambito dell’ente regionale - spiegano i finanzieri - dapprima quella di responsabile della cabina di regia del Servizio sanitario regionale, e poi, a far data dal 27 marzo 2018, quella di assessore alla Sanità». «Circostanza questa oltremodo grave tenuto conto della mera declaratoria di prescrizione dei reati e dell’esistenza di costituzione di parte civile della Regione Lazio».

 

Con la costituzione di parte civile nel processo è stato interrotto - sul fronte contabile - il decorso del termine della prescrizione, almeno fino alla sentenza penale di non luogo a procedere del 2 febbraio 2016. Considerato che le indagini contabili si prescrivono dopo 5 anni, la Procura della Corte dei conti del Lazio ha tempo fino a febbraio 2021 per decidere se notificare a D’Amato e agli altri un invito a dedurre (corrispondente a un avviso di garanzia) o se archiviare il procedimento.

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