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Litigano su tutto, perché tra Virginia Raggi e Pd volano gli stracci

Susanna Novelli
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Volano gli stracci tra Cinque Stelle e Pd. In barba al via libera alle alleanze territoriali. Stavolta è il sindaco di Roma Capitale, Virginia Raggi, ad alzare il tiro e puntare, come spesso accade, dalla parte sbagliata. A fare infuriare la prima cittadina che parla di «giochini di palazzo e accordicchi da vecchia politica», l’indiscrezione sull’ipotesi del Governo nazionale di nominare un sottosegretario per Roma, di fatto un vero e proprio commissariamento.

«Servono poteri speciali per il sindaco li chiedo ormai da 4 anni a tutti i governi che si sono succeduti - ricorda la Raggi a margine di un evento - Se davvero questa è l’intenzione di qualche esponente del Pd, che si riempie la bocca di queste parole ma poi quando è al governo e in parlamento non fa nulla, ci dessero la dimostrazione della loro volontà e iniziassero a lavorare. Siedono al governo e hanno la maggioranza in Parlamento, credo questo sia il momento giusto per farlo». Peccato che alla guida del governo ci sia Giuseppe Conte e che la maggioranza in Parlamento è comunque dei Cinque Stelle. Una richiesta insomma che andrebbe formulata quanto meno ad entrambi i protagonisti.

 

 

 

Ci sarebbe tuttavia un’altra verità. L’idea di un sottosegretario per Roma sarebbe nata prima del passo in avanti della Raggi sulla sua ricandidatura, una exit strategy insomma per la prima cittadina che, rinunciando alla corsa al bis in Campidoglio, avrebbe dato via libera all’alleanza ufficiale tra i dem e i grillini. Il balzo in avanti della Raggi non è stato sufficiente però ad accantonare definitivamente l’idea dell’obbrobrio istituzionale e costituzionale di un sottosegretariato per la Capitale. Tutto dipenderà dall’esito delle comunali del giugno prossimo. Già perché solo l’ipotesi di far gestire centinaia di milioni di euro in arrivo, mettiamo a un sindaco di centrodestra, potrebbe far innervosire diverse parti politiche, soprattutto in vista delle elezioni «a seguire» per Regione e Parlamento. Presto per scoprire le carte (si attende l’esito delle regionali e del referendum di settembre), ma la partita è in gioco già da tempo.

Acque più agitate nel centrosinistra, dove la scelta del candidato indicherà alleanze più o meno definite. Sul tavolo sarebbe meglio un esponente moderato (per questo sale il pressing su Carlo Calenda), non solo perché la sinistra romana ha già riconquistato il suo elettorato (a danno dei grillini) ma anche per recuperare quella fetta di elettori «orfani» di Forza Italia, praticamente sparita nella Capitale, e puntare così alla conquista del Campidoglio senza troppe difficoltà. I conti tuttavia si fanno sempre con l’oste. Nonostante la crescita continua dei Dem su Roma, gli ultimi risultati elettorali (a parte le scontate suppletive del primo Municipio) davano il centrodestra avanti in quasi tutta la città. Un derby interno insomma tra Lega e FdI che a maggior ragione non può prescindere da un candidato in grado di portare alle urne la fetta più importante dell’elettorato romano, quello degli indecisi. I motori insomma sono già roventi.
 

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