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È l'ora che Mario Draghi ci racconti la verità

Gianluigi Paragone
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La processione di lecchini a favore di Mario Draghi anticipa quello che potrebbe accadere se, come vorrebbero in tanti, l’ex governatore della Bce salisse al Colle: bene, bravo, bis. Tutti contenti, tutti entusiasti, tutti già draghiani. Anzi, è già partita la gara a chi era più filo Draghi prima degli altri. Da Zingaretti a Salvini, è una bizzarra òla. Mi smarco, in coerenza rispetto a quello che ho sempre pensato sull’uomo. Mario Draghi ha parlato al meeting di Comunione e Liberazione con la lingua dell’establishment: non ha detto nulla ma siccome lo ha detto lui, il Messia, la parola diventa Verbo. Anche se ’sto Verbo pare un turacciolo di sughero, buono per stare a galla in qualsiasi acqua. A leggerlo con atteggiamento distaccato, Draghi non ha detto nulla eppure quel che ha detto, in bocca a lui, distorce. Così poiché nessuno ha il coraggio di contestare alcunché - nemmeno in questo spazio temporale dove Mario Draghi non è coperto da alcuna immunità - proviamo a mettere in un sistema chiuso il sughero narrativo Draghiano e poniamoci delle domande.

 

 

 

Iniziamo dal "Debito" e dalla sua distinzione tra debito buono e debito cattivo. Signor Draghi, ma i derivati che sono stati piazzati nei bilanci dello Stato quando lei ricopriva incarichi importanti sono debito buono o sono debito cattivo? Laddove non se lo ricordasse, può farsi aiutare dalla signora Maria Cannata, storica e silente dirigente che ha avuto in mano il debito pubblico italiano per 17 anni. Ma sono certo che nemmeno in quel caso la tossicità dei derivati (debito cattivo) troverà mai una parola di verità: evidentemente la scuola gesuita che ha allevato Draghi ha lasciato il suo segno...

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