Sergio Battelli zero curriculum, non sa e non chiede: l'uomo giusto al posto giusto
Lui si chiama Battelli. Sergio Battelli. Il suo nome compare nella casella presidente Commissione Affari europei alla Camera dei Deputati. In queste ore è al centro di un tipico dibattito estivo perché ricopre tale carica forte della sola licenza media e di un curriculum professionale come commesso in un negozio di animali e toilettature per cani. (Però lo ha fatto per dieci anni. E che cavolo!). I soliti criticoni da ombrellone storcono il naso perché né il titolo di studio né l’esperienza lavorativa siano sufficienti o degni onde ricoprire l’incarico di presidente della commissione che supervisiona il Recovery Fund e il restante armamentario made in Bruxelles.
Trovo tali critiche ingenerose. Battelli è l’uomo giusto al posto giusto: zero curriculum, zero conoscenza del mondo, zero esperienza, zero pensiero. Solo esecutori. Infatti con la precedente maggioranza giallo-verde digrignava i denti contro Bruxelles, con questa filo-europeista scodinzola aspettando i croccantini. Lui come tutta la maggioranza M5S-Pd-ItaliaViva-Leu.
Battelli dunque non è lì a caso, Battelli è il perfetto politico bomboniera: dove lo metti sta senza far troppe domande. Non a caso è stato scelto da Luigi Di Maio, del quale si vanta di essere fedele scudiero. Anche Di Maio non ha esperienza, non ha curriculum. Ma ha talento (per questo è il più bravo nei Cinquestelle) e ciò gli è bastato per capire in fretta che doveva adeguarsi al Sistema, farsi addomesticare. Farsi culturalmente corrompere. Solo per questa sua superba capacità di sublimarsi da solido a gas merita di giocare con il 10 dietro la schiena, ben stampato sulle magliette tarocche fatte negli scantinati napoletani o made in China.
Le critiche verso Battelli sono gratuite: egli non è diverso da quello di tanti altri Pinco Pallini di Carriera. La presidenza di Battelli è stata difesa da Vito Crimi, l’antistress perfetto su cui scaricare le tensioni dei grillini. E soprattutto è stata difesa dal tandem economico che tanta invidia al mondo fa: Lalla Castelli e Buffo Buffagni, i quali vantano sul proprio curriculum qualche riga in più rispetto a quello del Battelli; e infatti Conte li ha nominati viceministri mica a caso.
A dirla tutta, i rumors di Palazzo danno la Castelli prossima ministro del Lavoro: del resto una che faceva le paghe “spacciandosi” per commercialista (come lei stessa ebbe a dire in un convegno promosso da veri dottori commercialisti, che i infatti la contestarono) è giusto che vada a ricoprire tale incarico nel bel mezzo di una crisi occupazionale che sarà spaventosa. Forse proprio per questo gli stessi rumors danno l’altro gigante del pensiero e dell’azione grillina Fofo Bonafede come ministro dell’Interno, nel caso di un avvicendamento alla Giustizia con il piddino Andrea Orlando.
Le considerazioni sulla competenza al potere, in ultimo, non possono non contemplare il Genio dell’Azzolina, una quasi-preside che potrebbe togliersi il quasi dal biglietto da visita in virtù - dicono - di un provvedimento uscito dal suo stesso ministero. Glielo auguriamo di cuore: smentirebbe i criticoni per cui il governo non serve a nulla.
Pertanto se la Azzolina fa la ministro non vedo perché Battelli non possa presiedere la commissione che si occupa di Europa. Tutto torna nella glassa pentastellata con cui poco alla volta litigai: loro europeisti e corrotti dal sistema, io ancora convintamente contro l’Unione e il modello di reclutamento neoliberista dove valgono i Battelli e la Castelli, Di Maio e la Bellanova, la Azzolina e Buffagni, Bonafede e la De Micheli, Gualtieri e la Dadone. Perfetti Signor Sì agli ordini di Bruxelles e delle Banche.
Post Scriptum. Capite dunque che il dibattito sulla riduzione del numero dei parlamentari non ha senso: avere 100 soldatini al servizio del Sistema o averne 1000 non cambia nulla; il problema è conservare lo spirito di una repubblica che ormai di parlamentare ha solo la definizione, dove in cambio di quattro croccantini si diventa europeisti.