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Se l'aborto diventa un vanto nell'Italia col record negativo di nascite

Alessio Anelli*
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È  un agosto di fuoco, non solo per le asfissianti misure di sicurezza anti-Covid e per il clima. Come se non bastassero le incertezze per il futuro, la crisi che viviamo, tra mille misure di sicurezza, restrizioni e divieti, il governo e il Consiglio Superiore della Sanità tolgono un’altra «tutela» alle donne che intendono abortire.

Stupisce, perché la notizia che il Ministro Speranza abbia aggiornato dopo tanti anni le linee guida per l’utilizzo della pillola abortiva RU486 è stata presentata dalla stampa del mainstream come un successo, un passo in avanti da lungo atteso verso una maggiore rapidità ed efficienza della cultura dello scarto, lo scarto di quel dono divino che è la vita il cui rigetto viene ancora ostinatamente celebrato come una conquista di civiltà.

Stupisce che nessuno, se non qualche flebile voce isolata, abbia alzato la voce per ricordare che pur sempre di aborto si tratta, un aborto fai da te à la carte, anche se meno cruento, senza raschiamento, con il trauma biologico sapientemente dissimulato dietro una sofisticata molecola criminogena: è l’omicidio perfetto, senza tracce di sangue, senza impronte, se non quelle che rimangono impresse nella coscienza di quelle povere donne che hanno confuso la propria libertà con l’arbitrio di chi si appropria, senza rendersene conto, di ció che non gli appartiene. Che non appartiene a nessuno, se non al nostro Creatore.

Stupisce, infine, che nessuno abbia voluto ricordare al ministro Speranza che nell’Italia degli anni ’20 del terzo millennio il numero di omicidi del concepito, seppur in costante diminuzione, sia ancora pari a circa 80mila bambini, e che ciò avviene in un Paese che ha il più basso tasso di natalità in Europa: un Paese afflitto dal più rigido inverno demografico dall’unita d’Italia.

Caro ministro Speranza, e cara ministra Bonetti, anziché fare proclami su un Family Act che non sappiamo se verrà mai alla luce, potreste fare qualcosa di concreto, riformando seriamente la rete ormai vetusta dei consultori familiari e dei centri per la famiglia e sostenendo davvero, con sussidi e servizi adeguati, le famiglie che intendono mettere al mondo un figlio. Studiando i dati, potreste scoprire che larga parte delle interruzioni volontarie di gravidanza originano da difficoltà economiche, e un serio aiuto dello Stato non sarebbe altro che un’attuazione dell’articolo 31 della Costituzione. Una Costituzione pensata con al centro la cultura della vita, non certo quella della morte.
Alessio Anelli* 
Esperto nelle relazioni internazionali, Studio Vittorio Emanuele Falsitta & Associati

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