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Stato di emergenza, via libera fino a ottobre. Furia Giorgia Meloni, Conte ammutolito

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Il tono di voce è come al solito pacato, il discorso ricalca praticamente parola per parola quello pronunciato al Senato il giorno prima per chiedere al Parlamento di prolungare lo stato di emergenza fino a ottobre. A un certo punto però il premier Giuseppe Conte smette di leggere il testo scritto e alza lo sguardo sui banchi di Montecitorio.

"Voglio chiarire, perché ieri c'è stato qualche fraintendimento", dice assicurando che "il governo sta valutando questa proroga per esigenze organizzative, non certo per farne un uso strumentale, come qualcuno si è spinto a dire, perché si vuole assumere un atteggiamento liberticida, reprimere il dissenso mettendo i cittadini in uno stato di soggezione: sono affermazioni gravi che non hanno alcuna rispondenza nella realtà".

Nel mirino di Conte ci sono soprattutto le opposizioni. Colpevoli, secondo il premier, di diffondere notizie sbagliate: "Se non si è convinti lo si dica, ma non si faccia confusione nella popolazione, perché oggi leggendo alcune pagine e risposte sui social ho visto qualcuno che è stato convinto che la proroga dello stato di emergenza significhi tornare al lockdown, significhi misure più restrittive dal primo agosto, non è affatto così".

Il chiarimento basta? Non per Giorgia Meloni, che dai banchi di Fratelli d'Italia accusa il governo di "furia immigrazionista" e di usare lo stato di emergenza, definito "tassello di una deriva liberticida" messa in campo con la scusa del Coronavirus "per consolidare il potere, per agire senza regole e controlli". E' un fiume in piena Meloni e al termine dell'infuocato intervento assicura: "Noi non saremo conniventi, voteremo contro, e lo farà compatto tutto il centrodestra. Non vi daremo tregua finché non verrà revocato lo stato di emergenza". Parole che fanno il paio con la lettera firmata con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini e pubblicata sul Sole24ore stamattina, in cui avvisano: "Non voteremo lo scostamento di bilancio al buio".

Il centrodestra dunque si ricompatta, attaccando direttamente il premier. Sullo scostamento l'appello alla collaborazione, rilanciato anche da Gualtieri - che ha ribadito la volontà di dialogo sul decreto agosto in arrivo la prossima settimana - ha per ora poco effetto: FdI vota contro, FI e Lega scelgono una linea più morbida e si astengono. La partita vera si giocherà a settembre, quando bisognerà decidere sul Mes mentre già si guarderà al cantiere manovra con il recovery plan. Conte sa bene che sulla nuova linea di credito il dialogo con FI è aperto, mentre risulta più difficile con il resto del centrodestra e la sua stessa maggioranza: si intreccia, anche, con il dibattito sulla commissione - e i nomi - per vigilare sui soldi del Recovery Fund. A settembre servirà un sostegno ampio. E non è un caso che gli appelli alla responsabilità e i segnali di volontà di collaborazione si ripetano dai banchi del governo.

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