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Sarcasmo sui morti Covid, De Luca si scusi col Nord

 Vincenzo De Luca

Francesco Storace
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Da macchietta a provocatore. Da caricatura a sciacallo. Vincenzo De Luca non è uno sceriffo, ma un avvoltoio che si avventa sui cadaveri della Lombardia per una specie di macabro-federalismo che gli serve a sventolare la bandiera campana – infangandola – per la campagna elettorale. Solo così si può spiegare la sua ultima uscita. La sua affermazione sulla tragedia che ha colpito il nord col coronavirus ha suscitato fortissima indignazione. Ed è stata accolta dal silenzio imbarazzatissimo della sua coalizione, che davvero non ha argomenti per difendere il discusso personaggio che governa la Campania. Perché non si può arrivare ad un livello davvero così basso.

Denota totale mancanza di umanità il governatore uscente della Campania: «Quando noi chiudevamo altrove si facevano iniziative pubbliche: Milano non si ferma, Bergamo non si ferma, Brescia non si ferma. Poi si sono fermati a contare migliaia di morti». Un cinismo che fa a gara col bullismo sulla pelle di migliaia di cadaveri e delle loro famiglie. Per sottrarre consensi alla rimonta di Stefano Caldoro – il suo avversario che guida il centrodestra – il presidente della Campania ricorre ad un armamentario linguistico davvero abietto. Sbagliando, peraltro. Perché Milano non si ferma lo diceva Beppe Sala, suo compagno di partito. E lo seguì a ruota non solo il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, pure lui piddino come il suo collega di Brescia, Emilio Delbono; persino Nicola Zingaretti salì nel capoluogo lombardo e andò ad infettarsi per un aperitivo sui Navigli. Se ci fosse rimasto secco, anche Zingaretti sarebbe rimasto impigliato nella incredibile e vergognosa uscita propagandistica di De Luca.

Non può essere certo casuale il silenzio del segretario del Pd di fronte ad un’affermazione tanto infelice. Che ha ricevuto contestazioni durissime anche da Matteo Salvini e Giorgia Meloni, oltre che dallo stesso Caldoro. L’invito corale al governatore campano è a vergognarsi per quello che è riuscito a pronunciare.

 

 

 

Bufera pure sui social, come era inevitabile. Certo, c’è anche chi ha il coraggio – e ce ne vuole tanto – di difendere De Luca, ma il dato generale che emerge è la domanda che in tantissimi si pongono: ha idea il presidente-sceriffo, quello che ama bacchettare su facebook i suoi avversari politici, che cosa sarebbe accaduto se il virus fosse approdato in Campania con lo stesso impatto registrato in Lombardia come in Emilia Romagna? Lo squallore della polemica di De Luca emerge con tutta evidenza nell’analisi dei dati statistici sulla migrazione sanitaria e quello che costa alla regione Campania la mobilità dei suoi assistiti verso altri territori per curarsi. «Il peggiore valore assoluto d’Italia», ci dice Caldoro, perché parliamo di 350 milioni l’anno che il cassiere della regione deve versare alle altre. Ogni anno 14mila campani si curano proprio in Lombardia, afferma la Lega e De Luca ha la faccia tosta di offendere quel sistema sanitario.

La stupidaggine che gli ha procurato tantissime polemiche ha costretto De Luca a tentare una sterile retromarcia, peraltro con la classica toppa peggiore del buco: «Mi è capitato di dire a Sapri una cosa banale, che è stata detta da tutti in questi mesi, e cioè che in alcune realtà d’Italia sono stati presi dei provvedimenti con qualche ritardo. Sono riusciti a fare una speculazione vergognosa, indegna, sciacallesca, sulla base di una banalissima osservazione oggettiva fatta da tutti in Italia». Vero, ci sono stati provvedimenti presi in ritardo: provi a chiederne ragione al premier Giuseppe Conte, Vincenzo De Luca. Il tempo perso è all’esame del tribunale dei ministri, a cui la Procura della Repubblica di Roma ha trasmesso un fascicolo con ben 14 faldoni per epidemia colposa. Forse al presidente uscente della regione Campania converrebbe scusarsi, magari recandosi a deporre qualche mazzo di fiori proprio a Milano, Bergamo, Brescia. Quei morti meritano rispetto e non volgarità a fini elettorali.

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