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Anticorruzione bye bye. Come stanno distruggendo l'Anac

 Raffaele Cantone

Francesco Storace
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I custodi della legge. I difensori dell’ortodossia rivoluzionaria. Erano in cinque, il capo se ne è andato e sono rimasti in tre. Sono scaduti e hanno provato a prendersi i poteri di Cantone infilando un emendamento perfino nel decreto Alitalia. Andata male. Sta facendo una brutta fine l’autorità anticorruzione, si volatilizza. La Dadone fermo. L’annuncio dell’abolizione della corruzione ancora non c’è stato, ma lo strumento che sembrava la bacchetta magica per cancellare ladri e grassatori della pubblica amministrazione lo stanno distruggendo pezzo dopo pezzo. Saranno gli effetti nefasti della spartizione - al solito - o la voglia di restare incollati alle poltrone, l’incapacità di dialogare persino con chi lavora per loro, fatto sta che l’Anac, l’autorità anticorruzione creata su misura per Raffaele Cantone è allo sbando. Da una parte non si commissariano più le aziende coinvolte in provvedimenti della magistratura; dall’altra i consiglieri di amministrazione restano in prorogatio, scaduti, e chi non resiste se ne va; e, ancora, si esasperano i conflitti sindacali. Un’altra statua che crolla, ma senza lo sfondo di conflitti razziali. Anac non matter, potremmo parafrasare.

 

 

 

Andiamo per ordine. Da un anno Raffaele Cantone ha mollato. Il magistrato che fu designato da Matteo Renzi al vertice dell’Anac ha deciso dodici mesi orsono, a luglio 2019, il rientro tra le toghe, effettivo da ottobre, e ora si dovrà occupare a Perugia di Luca Palamara. Una vita complicata diciamo. Morto un Papa se ne fa un altro non vale per l’Anac. Perché non solo Cantone non è stato sostituito da un governo che è lacerato sulla scelta del successore - se mai ci sarà un successore - ma i suoi poteri non sono delegabili al consiglio di amministrazione. Tanto è vero che sul sito dell’Autorità è fermo ad ottobre il procedimento di commissariamento delle aziende colpite da provvedimenti cautelari della magistratura. E per una struttura che è chiamata a colpire la corruzione è una picconata niente male. Ma non è finita. I restanti consiglieri di amministrazione - che sono quattro, anzi ora tre, e tutti scaduti nei giorni scorsi dopo ben sei anni di mandato - hanno tentato di affidare al più anziano tra loro, Francesco Merloni, i poteri di Cantone. Ma non si può, anche se - i custodi dell’ortodossia normativa - ci hanno provato approvando un regolamento interno con la pretesa di modificare la legge esistente. L’avvocatura ha «consigliato» di «coprirsi» con una leggina ad hoc e il tentativo c’è stato addirittura col decreto Alitalia. In Consiglio dei ministri il governo ha provato ad inserire la norma sanatoria per affidare ad un facente funzioni i poteri del presidente effettivo e dimissionario ma si è dovuto arrendere e l’emendamento è diventato carta da coriandoli per Carnevale.

C’era scritto: «In caso di vacanza dell’incarico del Presidente ovvero nei casi di assenza o impedimento dello stesso, l’esercizio di tutte le funzioni previste dalla legge è attribuito al componente del Consiglio con maggiore anzianità nell’ufficio ovvero, in mancanza, al componente più anziano di età». Con uno spettacolare comma 6: «In fase di prima applicazione del comma 5, gli eventuali atti adottati in sostituzione del Presidente in data antecedente all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono ratificati dal componente al quale è attribuito l’esercizio delle funzioni del Presidente». Se fosse capitato col centrodestra al governo si sarebbe parlato di condono bancomat all’Anticorruzione...Non solo: la resistenza continua anche a tre, perché nel frattempo ha mollato anche uno dei quattro consiglieri sopravvissuti a Cantone: il consigliere Michele Corradino ha spiegato su Facebook - pure all’Anac si comunica così - il suo addio accusando la politica di non fare nulla per cambiare norme che non funzionano. Presidente Conte e Ministro Dadone, ci siete?
 

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