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Hanno messo ko Roma. Che aspettano Raggi e Zingaretti a chiedere a Conte di intervenire?

Capitale allo stremo: col mancato rinnovo della cassa integrazione per bar e ristoranti resta solo la chiusura Disastro anche per cinema e teatri

Francesco Storace
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Ministri e sottosegretari, parlamentari e assessori, fate incetta di mascherine. Tra settembre e ottobre circolare per Roma rischierà di nuocere gravemente alla salute e all’incolumità, perché in giro ci sarà un mare di gente disperata per il lavoro. Meglio non farsi riconoscere. Il pericolo si chiama disastro Roma. Che non è un paesino che ci si possa permettere di trascurare. Il quadro economico delineato dalle organizzazioni sociali del commercio e dei pubblici esercizi è drammatico. Con la scomparsa del turismo barcollano paurosamente anche i luoghi della cultura, in testa cinema e teatri. Una domanda alla sindaca Raggi: avete intenzione in Campidoglio di preparare un nuovo dossier per il governo Conte o dobbiamo rassegnarci ad un autunno senza pace? Perché poi ci sarà da riempirlo anche con la tragedia che si verificherà nei pubblici esercizi.

 

 

 

 

Ci troveremo sbarrati bar e ristoranti. Già oggi si registra per cinema e teatri una crisi di liquidità impressionante: oltre il 90 per cento di queste attività sono in gravissima crisi. Un terzo dei cinema ha riaperto, il resto non riesce a far fronte ai protocolli di sicurezza. Se hai cento posti e ne possono essere occupati una trentina, il destino di chi lavora è riprendere mestamente la strada di casa. Confcommercio ha indicato cifre paurose: se i ricavi si dimezzeranno (nella migliore delle ipotesi) le sale teatrali e cinematografiche spariranno dal tessuto cittadino. C’è bisogno di un’azione energica: se lo Stato impone misure per garantire luoghi e utenti dei siti culturali, deve sborsare quattrini per sostenerle e non lasciare soli i gestori. Meglio spendere soldi per cinema e teatri che per i monopattini di Virginia. La Capitale non può essere abbandonata al lockdown culturale.

Ancora più devastante il rischio che correremo in autunno sul fronte commerciale. La Cassa integrazione è arrivata al capolinea per bar e ristoranti almeno per chi è riuscito a percepirla. I gestori degli esercizi sono obbligati a far rientrare il personale. Gli incassi restano a -80% e il governo ha vietato di licenziare. L’alternativa è chiudere tutto. E tutto questo accade per varie ragioni. Chi passeggia per il centro storico lo trova svuotato. Tante saracinesche abbassate, si moltiplicano i cartelli che propongono affitti o vendite di locali. La crisi è arrivata comunque anche in periferia, dove hanno tentato di rifugiarsi i commercianti che non potevano sopportare i valori immobiliari delle zone più «pregiate». Ma i calcoli di chi si è ostinato a restare in centro non potevano tener conto del Covid, l’ultima tassa della serie, sempre per i protocolli imposti in maniera sciagurata da chi non ha mai lavorato in un pubblico esercizio in vita sua. Dieci milioni di turisti ci hanno dato forfait. A questi aggiungiamo centinaia di migliaia di dipendenti pubblici e privati che ancora lavorano da casa e hanno quindi dimenticato le zone centrali della città. Dice l’ottimista: ne guadagna la periferia. Neanche per idea, con le tasche vuote e una delinquenza che incute sempre più paura in strade buie e senza alcuna sicurezza. Sì, Roma rischia il disastro. E non si avverte un briciolo di sensibilità verso quella che è la Capitale d’Italia. Eppure, spesso Raggi e anche Zingaretti – e in generale le forze politiche più diverse – hanno promesso di volersi battere per garantire risorse e sostegno alla Capitale. Il post Covid non può essere affrontato con gli strumenti ordinari: la crisi rischia di essere davvero devastante. 
È bene che la politica metta da parte calcoli elettorali per puntare finalmente i piedi. In misura diversa, le amministrazioni del Campidoglio e della Regione Lazio sono guidate da personalità importanti delle componenti che sostengono il governo Conte. All’opposizione figurano forze politiche che aspirano a conquistare le postazioni istituzionali del territorio. È arrivato per tutti il tempo di indicare un progetto chiaro per uscire dalla paura. Non più quella del virus, ma quella che uccide la speranza di rimettersi in corsa. Altrimenti ci vorrà davvero coraggio per affrontare i cittadini romani.

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