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Pino Insegno: "La Capitale è allo sbando. Cinema e teatri distrutti"

 Pino Insegno

Francesco Storace
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Stavolta non si ride. Pino Insegno, attore, doppiatore, fieramente italiano, è triste alla lettura dei dati sulla condizione della cultura e dello spettacolo in Italia. La prima pagina de Il Tempo di ieri è stata una frustata, con quei numeri devastanti sulle grame prospettive di ripresa post Covid. E ne parla al nostro giornale. «Gli attori, come i doppiatori e i cantanti, e le persone che in questo mestiere lavorano con noi, sono fermi da molto tempo. E temo che andrà ancora peggio».

Perché?

«Faccio un esempio personale. A me sono saltate 48 serate di teatro. Ma la preoccupazione cresce se pensiamo all’entourage, ci sono circa 15 persone che purtroppo non avranno ricavi».

Vale per tutti?

«Certo, se moltiplichiamo le mie vicissitudini con quelle di tutti gli attori, a partire dai cosiddetti minori, quelli che lavorano con compagnie, musical, per pochi soldi, la cosa si fa dirompente. Noi non abbiamo uno stipendio, un’integrazione di nessun tipo, abbiamo contributi finiti all’Enpals che non esiste più, ora c’è l’Inps, lasciamo stare...».

Ma quanta gente soffre nello spettacolo?

«Basta pensare a tante colleghe e colleghi, a tanti tecnici che sono fondamentali per il nostro mondo: costumisti, sarte, montatori delle luci, elettricisti, direttori di scena, scenografi, fonici, e tanti altri ancora, una filiera importante».

Con quale prospettiva?

«Penso a migliaia di teatri senza contributi: moriranno. Saltano questa stagione e pure la prossima. No, non si capisce perché dovremo stare così distanziati con questo terrorismo sanitario che toglie serenità alle persone. Nessuno prenota più biglietti. Grandi e piccoli cinema e teatri pagano la paura messa alla gente. Se pensiamo che chiuderà persino l’Eliseo...».

E il cinema?

«Idem. Chiudere i teatri impedisce a tanti attori di poter proseguire la loro carriera. Lo stesso vale per i set cinematografici, a che servirà produrre? Solo per le piattaforme digitali? E come ripaghi gli sforzi economici?».

Sei deluso.

«Decisamente, perché penso che l’Italia sia un paese straordinario, fatto di gente straordinaria e di grande qualità. Ma il peso sono i nostri politici. C’è chi insegue ancora il vitalizio, chi non si dimezza lo stipendio, per aiutare altri».

Addirittura questo?

«Certo, siamo un paese che ha più del 70 per cento del patrimonio culturale del mondo. Abbiamo insegnato a tutti a fare cinema, a cantare, a suonare, e poi ce li dimentichiamo. Ci facciamo governare dall’estero, da chi decide il bello e il cattivo tempo. Diamo fastidio perché possiamo fare la differenza, a partire dal turismo, l’arte, il paesaggio. Ma chi ci difende? Conte?».

 

 

 

Che cosa dovrebbe fare la politica?

«Forse ci converrebbe copiare l’estero nelle cose belle, ad esempio Parigi, la Francia. Lì, è rispettato il teatro come il cinema, le produzioni nazionali sono in prima linea, i prodotti esteri devono lasciare una quota di incassi per il cinema francese. Anche in Germania miei colleghi hanno ricevuto contributi, non prestiti. Altro che 25mila euro...Abbiamo un socio maggioritario, che è lo Stato. Ogni sera più del 70 per cento se ne va in tasse. Non vedo uno sbocco. A noi non ci aiuta nessuno. Signori della politica, non basta dire che siamo un popolo straordinario. Senza una spinta dello Stato a settembre non ce la faremo».

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