Stato di emergenza, qualcuno stacchi la spina a Conte prima che lui la stacchi all'Italia
Premessa doverosa: quando è scoppiata l'emergenza Covid, Conte si è surrettiziamente appropriato dei poteri eccezionali previsti dall'articolo 78 della Costituzione solo ed esclusivamente per lo stato di guerra, che deve essere deliberato dalle Camere. Quindi in questi mesi il governo, procedendo a colpi di Dpcm e bypassando il Parlamento, si è già ampiamente mosso ai limiti della legalità costituzionale, e forse oltre. Ma le obiezioni sono state rarissime e flebili, perché c’era almeno l’attenuante di una crisi sanitaria nella sua fase più acuta, e si agiva quindi in stato di necessità. Ora però l’’annuncio del premier sul prolungamento dello stato d’emergenza è stato una sorta di pronunciamento, una forzatura improvvida, arrogante dal punto di vista politico e scorretta istituzionalmente, perché decisioni di questa portata dovrebbero essere comunicate nelle sedi preposte: il consiglio dei ministri e, appunto, il Parlamento. Cosa a cui Conte, bontà sua, questa volta ha detto di non voler sottrarsi.
Ma oltre alle sgrammaticature formali, ci sono altre questioni gravissime a cui Conte dovrebbe dare subito una risposta: in questo momento non c’è infatti un’emergenza sanitaria acuta, perché le terapie intensive si sono progressivamente svuotate, i malati da Covid sono più lievi e l’indice di contagio crescente in cinque regioni non giustifica un così preventivo e generale innalzamento del livello d’allarme. Ora la vera emergenza è quella economica, alla quale peraltro il governo sta dando risposte del tutto insufficienti.
Ma ammettiamo che il premier abbia a disposizione dati allarmanti sulla pandemia che sono sconosciuti all’opinione pubblica: allora deve spiegare come mai in queste settimane la vigilanza è stata di fatto allentata in tutto il Paese - tanto che si lasciano riaprire le discoteche anche nelle regioni più esposte -, perché è stato drasticamente ridotto il numero dei tamponi e perché, prima di bloccare i voli, si sono lasciati entrare in Italia centinaia di bengalesi provenienti da una delle zone del mondo più a rischio. Conte dovrebbe anche dar conto del clamoroso fallimento dell’App Immuni, descritta come l’atout decisivo per sconfiggere il Covid e si sta invece rivelando un investimento praticamente inutile. Inoltre, se l’allarme è così grave da prolungare lo stato d’emergenza, con questa mossa il governo rischia di dar ragione a chi chiede di attivare subito i fondi del Mes per rafforzare i presidi sanitari prima della seconda ondata autunnale.
In realtà, questa lunga serie di contraddizioni alimenta il sospetto - più che fondato - che il vero obiettivo di Conte sia solo quello di assicurare la sopravvivenza di un governo incapace di gestire la crisi, la cui unica strategia è prolungare la cassa integrazione e impedire i licenziamenti, fino a quando il tappo dell’assistenzialismo non salterà. In questa situazione, con un terzo delle famiglie che ha risparmi solo per tre mesi, anche solo ipotizzare un nuovo blocco del Paese è dunque del tutto irresponsabile.
A meno che non si voglia prendere per buona la barzelletta grillina secondo cui si tratterebbe solo di una questione “prettamente tecnica” per intervenire d’urgenza, se necessario. Qui stiamo parlando di libertà costituzionali da limitare, e prolungare lo stato d’emergenza consentirebbe anche di riconvertire forzatamente le aziende per produrre determinati beni, con un implicito potere di esproprio da parte dello Stato. Che impatto potrà dunque avere sul mondo produttivo già in ginocchio un annuncio del genere? Sappiamo dall’Istat che il 30 per cento delle aziende italiane sta pensando di chiudere. Ebbene: questi imprenditori hanno bisogno di sapere subito se avranno la possibilità di ripartire. Occorrerebbero certezze, non il terrorismo psicologico di un premier che calca la mano sull’emergenza sanitaria rischiando di uccidere in culla la ripresa e seminando il panico nelle famiglie: le scuole, ad esempio, per quanto tempo riapriranno? E ci sarà di nuovo uno smart working generalizzato? Quest’ultima ipotesi indurrà molti negozianti già in crisi per i mancati incassi determinati dallo svuotamento degli uffici e dall’assenza di turisti ad alzare subito bandiera bianca, con la definitiva desertificazione dei centri urbani.
E infine, la domanda delle domande: la proroga dell’emergenza renderà possibile spostare di nuovo la data delle elezioni regionali e amministrative, che guarda caso non è stata ancora fissata? Troppe brutte domande che portano a una risposta univoca: qualcuno stacchi la spina al governo prima che Conte la stacchi definitivamente al Paese. Cosa che non ha intenzione di fare Zingaretti. Dopo le perplessità espresse da alcuni esponenti del Pd, infatti, il segretario con un tweet ha dato carta bianca al premier sul Covid: quando si tratta di mettere i cittadini in riga e di mantenere il potere, il richiamo della foresta comunista resta evidentemente irresistibile. Ma l'Italia non può più permettersi il Soviet Conte-Zingaretti.