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Calenda umilia Renzi, gli porta via tutti gli sponsor

 Carlo Calenda

Fosca Bincher
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E' il più giovane dei partiti politici, perché di fatto è nato nel novembre dello scorso anno, quando il suo statuto è stato formalmente riconosciuto con l'iscrizione nel registro die partiti previsto dalla legge eppure l' Azione di Carlo Calenda presenta già una delle migliori performance economiche della politica italiana. Non solo per essere riuscito a chiudere in attivo di 214.596 euro il primo bilancio presentato, ma anche per avere avuto alla voce entrate nonostante il breve tempo di vita effettiva oltre un milione di euro senza avere ancora nemmeno un centesimo dal solo fondo pubblico di finanziamento della politica, che è quello del 2 per mille Irpef. In un mese appena è riuscito a incassare 97.590 euro di quote associative annuali, a cui ha potuto aggiungere 12.348 euro di donazioni in natura (controvalore di servizi prestati gratuitamente), 841.417 euro di donazioni in denaro da persone fisiche e 227.500 euro da persone giuridiche. Considerando che il Pd non è riuscito a raccogliere contributi di finanziatori esterni agli eletti e che Forza Italia ha potuto contare solo sulla generosità della famiglia e delle aziende di Silvio Berlusconi, Azione sembra la forza politica più attrattiva per il finanziamento privato della politica, e fa una concorrenza spietata all'unico altro che era riuscito a raccogliere contributi: Matteo Renzi. Anzi, la concorrenza è proprio diretta, perché Calenda è andato a pescare finanziamenti proprio nel bacino dei supporter tradizionali di Italia Viva. Non grande, ma significativo il contributo di 5 mila euro versato da Davide Serra, il finanziere proprietario del fondo Algebris, che fino ad oggi era stato in generosa adorazione del suo amico Matteo.

 

 

 

Colpo basso anche da Lupo Rattazzi, altro imprenditore che dal primo giorno era stato linfa essenziale di Italia viva a cui versava 30 mila euro mensili dal giorno della sua fondazione. Oggi continua ad esserlo, ma ha ridotto il contributo a 10 mila euro (anche perché su base annua non può superare quota 100 mila euro per legge), e 30 mila li ha versati nelle casse di Calenda. L'ex ministro dello Sviluppo Economico ha incassato anche 100 mila euro da Alberto Bombassei, imprenditore alla guida della Brembo fondata dal padre, e già vicino a Mario Monti che lo aveva voluto candidare in Parlamento. Ma sono molti i finanziatori che vengono dal mondo della finanza e della industria. Come Adolfo Guzzini, della omonima azienda che ha donato a Calenda 10 mila euro. Stessa cifra ha versato Antonio Gozzi, che è alla guida della Duferco. Ventimila euro sono arrivati da Carlo Pontecorvo, presidente della Ferrarelle. Altri 10 mila da Carlotta de Bevilacqua di Artemide, e da Daniel Kraus che un tempo fu direttore generale di Assolombarda. E ancora: 30 mila euro da Gianfelice Mario Rocca alla guida del gruppo Techint; 15 mila euro da Luca Garavoglia, presidente di Campari, 20 mila euro da Luciano Cimmino di Yamamay, 45 mila euro da Maurizio Marchesini (vicepresidente di Confindustria), 26 mila euro da Pier Luigi Loro Piana, altri 20 mila da Romano Minozzi di Iris Ceramiche. Poi una sfilza di finanziamenti di industrie (in testa Maire Tecnimont con 50 mila euro e poi Gewiss spa con 30 mila), in cui spicca addirittura il contributo di 20 mila euro della TCI Telecomunicazioni di Gianfranco Librandi, che è parlamentare di Italia viva. A vedere questo bilancio Renzi si roderà di invidia...

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