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Il Covid ha salvato le casse del Pd: meno spese e convegni

Fosca Bincher
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Hanno il braccino un po' corto gli eletti del partito democratico. Nonostante abbiano uno scranno sicuro in Parlamento e il loro segretario, Nicola Zingaretti li abbia riportati agli onori del mondo distribuendo poltrone e poltroncine di governo che gli elettori avevano supplicato di non assegnare più a loro, quando si tratta di sdebitarsi spesso girano la testa dall'altra parte. Tutti hanno sottoscritto l'impegno di versare nelle casse del partito parte della loro indennità per la carica pubblica (di regola almeno 1.500 euro al mese), ma spesso non lo fanno. E lo sottolinea con tristezza la nota integrativa al bilancio 2019 del Pd approvato a metà giugno e reso pubblico ieri.

Si sono dovuti svalutare definitivamente 296.980 euro di crediti nei confronti di ex parlamentari per le indennità non versate nei primi mesi del 2018, quelli finali della XVII legislatura. Non essendo stati rieletti, si sono tenuti tutto quel che avevano ricevuto e buonanotte al partito, che ora ne ha dovuto prendere atto. In compenso sono entrati 282.418 euro da parte di parlamentari morosi, a cui sono arrivati promossi dal partito 54 decreti ingiuntivi: “degli stessi”, scrive il tesoriere uscente del Pd, Luigi Zanda, “al momento della redazione del presente rendiconto, con 28 parlamentari è stato raggiunto un accordo transattivo”. Insomma, anche nel privato questi Pd sono come li vediamo al governo: tanti slogan perfino sentimentali, ma al momento di quagliare sotto le belle frasi non c'è nulla.

Il povero Zanda si è dovuto così arrangiare come poteva di fronte alla scarsa memoria dei suoi nei versamenti. E alla fine ce l'ha fatta a chiudere con un piccolo attivo di 682.800 euro il bilancio 2019 del Pd con una serie di operazioni contabili e pure grazie a un buon incasso del due per mille (8,4 milioni contro i 7 dell'anno precedente) che ha compensato la caduta dei contributi di parlamentari e persone fisiche (crollati da 4,7 a 2,7 milioni di euro). Ma il partito fatica a stare in piedi sulle sue gambe, anche perché rispetto agli altri ha una struttura più pesante (il solo personale in organico ammonta a 151 dipendenti e 4 collaboratori fissi) e costi fissi ovviamente più elevati.

Una mano a Zingaretti paradossalmente l'ha data l'emergenza coronavirus. E infatti il tesoriere quasi esulta: “nel bilancio 2020 ci saranno gli effetti legati alla riduzione delle spese elettorali e di propaganda”, perché non si possono fare grandi assembramenti e affitto sale e convegni sono saltati tutti quest'anno consentendo qualche risparmio. Qualche preoccupazione ci sarà invece sul bilancio 2021, perché essendo diventati tutti più poveri gli italiani, verseranno anche meno tasse e quindi meno 2 per mille nelle casse del Pd.

A marzo 2020 il Pd si è messo a ricontrattare anche l'affitto della sede del Nazareno. A differenza di tanti italiani che non avendo più incassi avevano fatto lo stesso identico tentativo con il padrone delle mura, Zingaretti ha trovato subito ascolto e pur accettando (tanto dopo la scissione renziana non ce ne era bisogno) di liberare un paio di stanze-ufficio separate, ha ottenuto uno sconto del 38% sul canone annuo che aiuterà non poco il bilancio. Altri risparmi arrivano invece dal personale. I 151 dipendenti- di cui 20 giornalisti professionisti- sono stati messi in cassa integrazione da tempo. Questa viene pagata dall'Inps a cui il Pd deve versare come tutti i datori di lavoro una parte del contributo necessario. L'esborso era rilevante, ma come si scopre dal bilancio appena pubblicato, il partito ha ottenuto una lunga rateizzazione di quei contributi che per la cassa già erogata verranno pagati per la maggiore parte dal 2021 in poi. Vista la convenienza, il tesoriere annuncia che è intenzione del partito chiedere l'allungamento della cassa integrazione in corso per un ulteriore anno oltre il termine previsto. Nel frattempo già alla fine del 2019 il Pd si è fatto il giro delle principali banche per chiedere un prestito ponte con cui finanziare incentivi all'esodo per i propri dipendenti che volessero chiudere l'agonia di questo rapporto che non ha gran futuro. Come scrive lo stesso Zanda nella sua relazione di accompagnamento, la speranza è che quell'incentivo faccia gola a molti: “soltanto un partito ben strutturato e che non destini tutte le risorse per le spese di struttura può garantire lo svolgimento dell'attività politica, il finanziamento di campagne elettorali, una importante attività di studio e ricerca”.

Pur con l'avanzo di gestione del 2019 il patrimonio netto del Pd resta negativo per oltre 2,5 milioni di euro. Fosse una società qualsiasi sarebbe necessario un aumento di capitale per ricostruire il patrimonio, essendo un partito no. Ma la cosa imbarazza un po' le società di revisione. L'altro anno la Pwc aveva inserito nel suo giudizio una nota sulla “incertezza significativa relativa alla continuità operativa del Partito democratico. Questo anno la nuova società di revisione chiamata a certificare il bilancio si richiama a quel giudizio dell'anno precedente, sospendendo il giudizio sulla possibilità che il Pd continui ad esistere. Secondo Zanda starà in piedi grazie a “un piano triennale 2020-2022 al termine del quale si ristabilirà l'equilibrio patrimoniale” e grazie a “una riduzione delle spese dim propaganda elettorale nel 2020 in seguito alla impossibilità di organizzare eventi a causa della emergenza Covid 19 nonché una diminuzione delle spese di struttura a seguito della sottoscrizione, a marzo 2020, del nuovo contratto di locazione della sede nazionale”. Alla fine Zingaretti deve pure dire grazie a quel coronavirus che pur avendolo colpito come persona, gli salva i conti del partito...

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