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Paragone all'assalto: contro la crisi la Ue spaccia morfina

Gianluigi Paragone
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Ho sempre una gran paura quando le previsioni sul Pil italiano diventano oggetto di chiacchiericcio, nel senso che i numeri iniziano a diventare parole su parole e poi le parole si consumano. Per evitare tale logoramento sarebbe un buon esercizio, dopo aver illustrato che il calo del Pil sarà spaventosamente drammatico, provare a respirare; un respiro profondo, un break per renderci davvero conto che quel dato è più di un mero numero statistico, tra l’altro ancora in via di definizione. Quel numero è un mondo che ci parla della sua imminente esplosione.

 

Segnare il calo del pil in doppia cifra e vederlo peggiorare sempre di più significa innanzitutto prendere coscienza di una devastazione sociale inimmaginabile. Dentro quel numero infatti ci saranno storie di famiglie, di lavoratrici e di lavoratori, di mamme e di papà che rischiano di essere buttati fuori dai processi produttivi a quarantacinque o cinquant’anni. Ci saranno imprenditori - piccolissimi, piccoli e medi - che si troveranno sotto il macigno dell’indebitamento, delle follie burocratiche e degli avvoltoi di Agenzia delle Entrate, ai quali nessuno saprà più dare risposte. È un film già visto, un film che sta prendendo una pericolosa e drammatica serialità che la «miracolosa» Europa non è in grado di fermare. E arriviamo così all’ormai stucchevole dibattito sul Mes, il meccanismo di strozzinaggio legalizzato che la Germania (cui a giorni spetta il prossimo giro presidenziale del semestre europeo) non vede l’ora di appiopparci in osservanza dell’impegno orale che la coppia Conte/Gualtieri diede alla fine dello scorso anno. «Non abbiamo creato questi strumenti per tenerli inutilizzati» ha detto la Cancelleria Merkel, come a dire che o l’Italia si abbevera da questa fonte oppure si scordi altra acqua. In poche parole si deve fare come dicono loro, i tedeschi. Come al solito.

Ora, al netto della pantomima grillina (il M5s per il solo fatto di aver votato la Von Der Leyen e di essersi alleati col Pd ha già tradito il programma elettorale), v’è da segnalare l’amorevole concordia che tiene insieme i pezzi del sistema, dai partiti europeisti all’informazione mainstream, da Confindustria alla Cgil di Landini, dal sistema bancario ai salotti dove regna il «Meno male che c’è l’Europa, non ne possiamo fare a meno». E chi predica diversamente sta ingannando i cittadini per suoi fini personali. Esattamente quel che rinfacciarono al povero Laocoonte quando avvertiva di temere i Greci soprattutto quando portano i loro doni: quel Cavallo non doveva entrare nelle mura, avvertiva; invece lo fecero entrare festanti. Aveva ragione Laocoonte ma per lui cominciarono i supplizi. 

 

La propaganda adesso spinge esattamente dove vuole la Merkel: dobbiamo accettare il Mes, il Recovery, il programma Sure e insomma tutto quel che ci darebbero per il nostro bene. Gratis? I famosi doni dei Greci. 

Ecco, proprio mentre assistiamo al capitombolo dell’economia reale per effetto della stessa crisi che Bruxelles non ha mai saputo gestire, siamo alle politiche da mercato delle vacche: piuttosto che alzare lo sguardo verso il cielo preferiamo accettare le miserie di chi offre la merce migliore, al miglior prezzo, senza pensare al reale costo dell’intera operazione. All’inganno. Non solo, chi afferma che nei fatti sta negando dignità politica all’Europa: il Mes è un meccanismo di tipo finanziario che si affianca a una incompiuta Banca centrale europea e buca il senso istituzionale dell’Unione europea. Insomma stiamo sempre dentro la tecnocrazia europea, dentro il primato finanziario. In barba a tutte le belle parole che ci dicevano dopo il fallimento di Lehmann o nel mezzo della crisi dell’euro bersaglio degli speculatori. Bene, l’Unione europea non ha mai cambiato passo né faccia: è sempre lo stesso imbroglio. Ed è per questo che assisterà alla più drammatica delle crisi spacciando un po’ di morfina.

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