Per lavorare la domenica la grillina pretende l'apertura del ristorante della Camera
La drammatica richiesta della pentastellata Faro al presidente Fico
Ora i grillini sono diventati dei fan sfegatati del ristorante della Camera, una volta odiato perché simbolo della "casta". Al punto di non sopportare l'idea di recarsi a lavorare a Montecitorio in un giorno festivo senza che sia attivo il servizio di ristorazione. Ecco come sono andati i fatti.
La scena è la seguente: 26 giugno 2020, ore 14.30, Commissione bilancio della Camera dei deputati. I presenti sono piuttosto stanchi, hanno già discusso a lungo sugli emendamenti al decreto Rilancio e c’è da stringere i tempi per accelerare la conversione del provvedimento in Aula. I lavori vanno avanti dalla mattina, alle 13.30 si è deciso di sospendere la seduta per un’ora per una breve pausa pranzo. Alla ripresa c’è ancora un lungo elenco di emendamenti da esaminare, il primo dei quali è uno proposto da Salvatore Caiata di Fratelli d’Italia per aiutare le società di sport dilettantistico. Si chiede, in particolare, di istituire un credito d’imposta del 30% sulle sponsorizzazioni.
A un tratto, però, la deputata dei 5 stelle Marialuisa Faro alza la mano e chiede di intervenire sull’ordine dei lavori. Il vicepresidente della Commissione Giuseppe Buompane, sempre dei Cinquestelle, le concede la parola. E lei denuncia un fatto inaudito. «Oggi il ristorante della Camera era chiuso. Noi siamo qui a lavorare e questo non è giusto».
I presenti si osservano un po’ interdetti tra loro: fino a quel momento nessun grillino era intervenuto sul decreto Rilancio, e quella resterà l’unica voce del Movimento che si sentirà durante la seduta. La Faro insiste: «Domenica (domani, ndr) siamo convocati qui alle 15.30. Chiedo a Buompane di allertare la presidenza della Camera affinché domenica il ristorante di Montecitorio sia aperto per permetterci di pranzare qui». La patata bollente passa a Roberto Fico, che dovrà decidere se allertare la società che gestisce la ristorazione per tenere aperto il servizio anche nel giorno festivo, con tutti i costi aggiuntivi che le prescrizioni sanitarie per l’emergenza Covd comportano.
Eppure c’era un tempo in cui i grillini di quel ristorante simbolo della «casta» non volevano neanche sentir parlare. Quando sbarcarono nel Palazzo, la scorsa legislatura, nel 2013, evitavano accuratamente di farsi vedere là dove i colleghi degli altri partiti consumavano i loro pasti da «privilegiati». Al punto che il novello deputato pentastellato Adriano Zaccagnini, immortalato dai fotografi con altri colleghi nel ristorante della discordia, dovette giustificarsi, chiedere scusa e assicurare che avrebbe restituito i soldi del conto.
Ma le cose cambiano in fretta. Ora che la frequentazione del Parlamento ha superato i sette anni, tanti tabù sono caduti e quelle pietanze prelibate a prezzi più che competitivi fanno gola anche agli «anticasta». Ma c’è di più: non era Luigi Di Maio, all’epoca in cui ricopriva l’incarico di ministro del Lavoro, a chiedere che l’impiego di domenica fosse ridotto il più possibile perché quello era «il giorno da passare in famiglia»? Valeva per tutti ma non, probabilmente, per i dipendenti del ristorante di Montecitorio. Eppure trovare un posto in cui mangiare, nel centro di Roma, non sarebbe propriamente impossibile. Si contribuirebbe, altresì, anche a dare un aiuto concreto a quelle tante attività di ristorazione in crisi a causa del crollo della popolazione turistica nella Capitale.
No, la Faro preferisce i tavolini di Montecitorio. E il vicepresidente Buompane non ha potuto far altro che prendere atto della richiesta promettendo di investire della questione l’ufficio di Presidenza. A Fico la decisione. Probabile che alla fine arrivi il via libera. Non sia mai che qualche grillino resti a digiuno. A stomaco pieno si ragiona meglio. E, magari, la prossima volta si troverà anche la voce per intervenire su un emendamento. Chissà...