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La ricetta di Vittorio Colao: tassa sui contanti

Il comitato di esperti ha consegnato il rapporto al governo. L'obiettivo è sempre lo stesso: controllare gli italiani

Manuel Fondato
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Il Comitato di esperti in materia Economica e Sociale, guidato da Vittorio Colao, ha consegnato alla Presidenza del Consiglio il rapporto finale sul lavoro. Non sappiamo quanto Giuseppe Conte, mai troppo entusiasta di questa task-force, terrà in considerazione il documento ma se venisse applicato sarebbe una vera e propria dichiarazione di guerra alla circolazione del contante, anzi una «guerra sporca» considerando i metodi suggeriti.

 

La ricetta si annida nel capitolo dedicato a «Imprese e Lavoro, motore dell’Economia», nel paragrafo «Passaggio a pagamenti elettronici» in cui testualmente sono stati vergati i seguenti punti: Incentivare l’utilizzo dei pagamenti elettronici (PA, esercizi commerciali e soprattutto servizi e prestazioni) tramite deduzioni/detrazioni dall’IRPEF, lotterie instant win, credito d’imposta per gli esercenti e accordi con il sistema bancario per riduzione delle commissioni; Rendere effettive ed eventualmente inasprire le sanzioni per gli esercizi commerciali e servizi privi di POS o con POS non funzionante; Scoraggiare l’uso del contante per ammontari rilevanti attraverso la riduzione dei limiti ai pagamenti in contanti nonché disincentivi al ritiro e all’utilizzo degli stessi (ad es. anticipo fiscale a valere sui prelievi di contante). Anticipo fiscale sui prelievi, tradotto, significa mettere le mani in tasca a chi oserà fare un bancomat. Il resto del rapporto Colao propone obiettivi generali e altri cinque macro settori oltre a quello già citato: Infrastrutture e Ambiente; Turismo, Arte e Cultura; Pubblica Amministrazione; Istruzione, Ricerca e Competenze; Individui e Famiglie. Tre gli obiettivi trasversali del documento, che compaiono sulla copertina del testo: «Digitalizzazione e innovazione; rivoluzione verde; parità di genere e inclusione». Ciascuno dei sei settori ha sottocapitoli e un obiettivo. Le fonti di funding si dividono in «principalmente pubblico», «principalmente privato» e «no funding». «Un'Italia più forte, resiliente ed equa» Imprese e lavoro come «motore dell'economia». Infrastrutture e ambiente come «volano del rilancio». Turismo arte e cultura come «brand del Paese». Una Pubblica amministrazione «alleata dei cittadini e imprese».

 

Istruzione, ricerca e competenze «fattori chiave per lo sviluppo». Individui e famiglie «in una società più inclusiva ed equa». Intanto però il piano di Colao ha già provocato malumori tra i ministri. A infastidire diversi esponenti dell’esecutivo - riferiscono fonti di primo piano all’Adnkronos - aver letto il contenuto del documento dai lanci delle agenzie, perché ai ministri il dossier per il «rilancio 2020-2021» non è ancora arrivato.

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