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Ora tutti si accorgono che la scuola è chiusa, giovedì il vertice decisivo

Alberto Di Majo
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Dopo tre mesi di chiusura, con le videolezioni lasciate al volontariato dei professori e l'inevitabile superlavoro per i genitori già impegnati nello smart working, i politici si accorgono che la scuola è fondamentale e deve riaprire anche in Italia. E se negli altri Paesi europei il lockdown è stato utilizzato per ristrutturare o ampliare gli edifici, per riorganizzare le classi e per consentire agli studenti di tornare a fare lezione almeno per le ultime settimane dell'anno scolastico, l'Italia è rimasta indietro, tant'è che gli unici a poter entrare negli istituti saranno, dal 17 giugno, i ragazzi alle prese con la prova orale (l'unica) della maturità.

Ma qualcosa si muove. Il premier Giuseppe Conte ha convocato una riunione con la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, i rappresentanti degli enti locali e i sindacati per il 4 giugno. Si farà il punto in vista di settembre. L'obiettivo è che gli studenti possano tornare negli istituti. I membri del comitato tecnico che affiancano Viale Trastevere hanno sottolineato la necessità di fare classi con meno studenti, magari portando alcune lezioni in spazi aperti (giardini o cortili delle strutture). Dal canto suo il ministero ha stanziato fondi che, però, potranno coprire soltanto piccoli interventi. Così, ad oggi, nessuno sa se le scuole riapriranno a settembre. 

 

 

 

 

Eppure tutti ormai sono tornati a sottolineare la centralità della didattica. Ha cominciato la sindaca di Torino Chiara Appendino che, durante la celebrazione per la Festa della Repubblica, ha spiegato: «Io non so dire se in questi mesi se ne sia parlato a sufficienza. So però, per certo, che la scuola - e con essa i nostri ragazzi e gli insegnanti che provvedono alla loro formazione - hanno subìto un colpo durissimo a causa dell’emergenza coronavirus. Quando un alunno perde l’occasione di apprendere, di migliorarsi, con lui lo sta perdendo tutta la comunità. Li c’è il nostro futuro e lì ci sono le nostre speranze. Dai nostri giovani, dalla loro formazione, passa tutto ciò che saremo domani. Per questo motivo le contingenze dell’oggi non devono mai avere il potere di annebbiare le necessità del domani», Un appello, quello della sindaca, perché «ci sia il massimo impegno da parte di tutte e tutti per preservare e investire sulla scuola, come pilastro della nostra Repubblica. Il diritto all’Istruzione è alla base di tutto ciò che celebriamo qui oggi», E ha concluso citando Piero Calamandrei: «Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte costituzionale»,

Il presidente della Camera Roberto Fico ha ricordato in un'intervista a Rai Parlamento: «Oggi un grande ringraziamento va a tutti gli operatori sanitari. Dopo il ringraziamento, però, ci sono le azioni importanti da mettere in campo soprattutto su due fronti, che per me, rappresentano in modo forte la nostra Costituzione: il fronte della scuola pubblica e il fronte della sanità pubblica. È lì che si deve investire, è lì che ci può essere una ripartenza, è lì che dobbiamo ricostruire il nostro Paese».

Dal canto suo, il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ha assicurato, intervistata da Repubblica: «Stiamo facendo tutto il possibile per riportare tutti, bambini e ragazzi, a scuola in presenza». Addio alla didattica a distanza anche per i più grandi? «È il mio obiettivo. Ovviamente il territorio nazionale è molto diverso, ci sono più di 8mila autonomie scolastiche e 40mila edifici - spiega -. Noi daremo una cornice, delle linee guida e un pacchetto di strumenti. Ogni scuola dovrà poi declinare come far ripartire l’anno». Poi l'annuncio: «Giovedì ci sarà un tavolo a Palazzo Chigi, con il premier Conte, con il mio ministero, gli enti locali, un rappresentante delle famiglie, uno degli studenti, poi scuole paritarie, sindacati, disabili. Tutti insieme contribuiremo a trovare le risposte perché parliamo di misure che riguardano 30 milioni di italiani». La Azzolina ha avvertito: gli enti locali possono aiutare «mettendo a disposizione sale comunali, orti botanici, parchi, teatri, cinema. Faremo degli accordi con loro e col terzo settore per fare in modo che la scuola riparta aprendosi al territorio. Quando non sarà possibile il distanziamento, porteremo gli studenti fuori. In altri Paesi europei già si fa». Quanto ai termoscanner agli ingressi delle scuole, «il comitato tecnico-scientifico ha già detto che non c’è bisogno. Dobbiamo responsabilizzare le famiglie. E dire che a scuola non si va neanche con 37 e mezzo di febbre». E le mascherine? «Gli esperti ne hanno consigliato l’obbligo. Vanno bene anche le visierine trasparenti, per vedere le espressioni dei bambini, penso ai più piccoli, l’importante è che abbiano un dispositivo di protezione».

Insomma, dopo tre mesi si comincia a discutere di come far ripartire la scuola. Anche se i presidi hanno già espresso forti critiche al piano (senza sufficienti fondi) della Azzolina. Pure Italia Viva aveva protestato: 38 mila euro per ogni istituto sono pochissimi, ha sottolineato ieri il deputato Michele Anzaldi. Si fanno sentire anche i sindacati. Anief, che ha proclamato lo stato di agitazione del personale, ricorda che - come indicato nel documento prodotto dal Comitato tecnico-scientifico consegnato allo stesso ministero dell’Istruzione - il ritorno in classe in presenza, senza più didattica a distanza riguarda 42.258 classi nell’infanzia statale, a cui vanno aggiunte circa 28 mila paritarie o comunali, altre 128.143 classi di primaria, più circa 9 mila non statali, 77.976 collocate nelle superiori, a cui aggiungere oltre 3 mila classi afferenti alle paritarie. Sulla base di questi numeri, al ministero dell’Istruzione spetta ora trovare il modo per dare anche seguito a quanto comunicato pochi giorni fa dalla task force, presieduta dal professore Patrizio Bianchi, che ha indicato l’esigenza di svolgere didattica in presenza fino alla secondaria di primo grado compresa, perché «i bambini della scuola dell’infanzia, elementare e media devono poter essere in un contesto di socialità».. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, guarda alle misure introdotte negli altri Paesi Ue per il ritorno a scuola in presenza e si dice preoccupato per un eventuale proseguimento della didattica a distanza per via del digital divide: «Bisogna finanziare subito un organico maggiorato di almeno 160 mila docenti e 40 mila Ata, che corrispondono a 15 mila docenti aggiuntivi e 5 mila Ata, indispensabili per rafforzare pulizia, controlli e segreterie, da assegnare agli istituti per ogni anno scolastico partendo dal primo dell’infanzia al terzo delle medie. In assenza di questo supporto umano, qualsiasi protocollo di prevenzione del contagio sarebbe impraticabile». Non solo. «Vanno inoltre individuati da subito i locali aggiuntivi di accoglienza delle classi in eccesso che si andranno a formare, anche questi in condizioni di igiene e sicurezza. Occorre, complessivamente, un finanziamento che non può andare al di sotto di 7-8 miliardi di euro, quindi ne mancano 6 rispetto a quanto stanziato finora».

 

 

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