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Braccio di ferro sulle scuole, in bilico la riapertura a settembre

Alberto Di Majo
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Comincia il braccio di ferro sulle scuole. Dopo tre mesi di stop, il futuro degli studenti italiani resta indecifrabile, benché in quasi tutti i paesi europei gli istituti stiano riaprendo (o l'abbiano già fatto), Di sicuro c'è soltanto che i ragazzi non torneranno sui banchi questo mese, se non quelli che devono svolgere la prova orale della maturità dal prossimo 17 giugno. Ma anche il via libera a settembre non è certo. La volontà del governo di riaprire gli edifici il prossimo anno scolastico si scontra con le prescrizioni del comitato tecnico scientifico che sono stringenti e, in tanti casi, difficilmente realizzabili nei nostri istituti. E così mentre mezza Europa si sta muovendo da tempo l'Italia rischia di restare indietro.

Negli ultimi mesi in Germania, Francia, Spagna e Danimarca  sono state ristrutturate o ampliate alcune scuole e rimodulate le classi per fare in modo di evitare che ognuna ospiti fino a trenta studenti. Alcuni istituti hanno anche sostituito i vecchi banchi con postazioni singole. In Italia la situazione è più complicata e il governo ha preferito lasciare a casa gli studenti, costringendo a un superlavoro i genitori. Nel frattempo il ministro Lucia Azzolina ha preso in considerazione diverse ipotesi, tra cui quella di organizzare turni diversi per fare in modo di non affollare gli istituti (e nemmeno i mezzi del trasporto pubblico) e di prevedere delle attività che possano svolgersi nei cortili o nei giardini dei plessi scolastici.

Ma il quadro è ancora indefinito e anche i partiti della maggioranza cominciano a esprimere molte perplessità. Italia Viva, che chiede da tempo al premier Giuseppe Conte di essere meno prudente per evitare il tracollo delle imprese, è intervenuta con decisione.. «Il governo ha il dovere di ascoltare la protesta dei presidi contro il rischio che la scuola a settembre non riapra per migliaia di ragazzi. Le indicazioni del comitato tecnico scientifico, come si è capito da subito, sono irrealizzabili per una buona parte delle scuole italiane. Diventino raccomandazioni, indichino modelli verso cui indirizzarsi, ma non siano recepite come criteri esclusivi, altrimenti a settembre si rischia il disastro sociale» scrive su Facebook il deputato Michele Anzaldi, componente della commissione Cultura della Camera. «Distribuire alle scuole - prosegue Anzaldi - una media di 38mila euro ciascuna, come sta facendo il Ministero, dando una lunga serie di compiti definiti cui i presidi dovrebbero adempiere trovando autonomamente soluzioni con risorse così limitate (acquistare il materiale per la sanificazione e i termoscanner, identificare aree verdi e attrezzarle, risistemare gli spazi esterni, smaltire i rifiuti, anche quelli speciali, far partire gli appalti per l’edilizia interna, cambiare gli arredi e acquistare o noleggiare tablet e hardware) significa rischiare di bloccare tutto e aprire la strada a contenziosi legali. Pensare di dimezzare la presenza degli alunni nelle classi, quando a 3 mesi dall’inizio della scuola ancora non c’è neanche un cantiere aperto per realizzare eventuali nuovi istituti, in gran parte delle scuole è utopia". Secondo Iv il ritardo è evidente: "Matteo Renzi aveva chiesto di partire subito con i lavori, ad aprile, ma invece di essere ascoltato è stato da molti attaccato. Ora rischia di essere tardi. I danni maggiori potrebbero subirli i bambini delle scuole materne, dove il comitato chiede un distanziamento ancora maggiore, con il rischio che molti bambini tra i 3 e i 6 anni restino senza scuola e senza socialità». 

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