Coronavirus, bufera sulle zone rosse in Lombardia. La Lega contro il governo: ecco i dossier
Attacco sconcertante e inaccettabile del governo contro la Lombardia e addirittura contro la magistratura". È l’opinione che rimbalza nei palazzi regionali e in via Bellerio, quartier generale della Lega, a circa 24 ore dalle frasi del pm di Bergamo Maria Cristina Rota ('da quel che ci risulta era una decisione governativa') che hanno innescato l’ennesimo botta e risposta tra Milano e il governo. Il primo a commentare, ieri a tarda ora, è stato Francesco Boccia che ha accusato la Lombardia di non aver voluto fare le zone rosse di Alzano e Nembro, come invece avrebbe potuto. Una dichiarazione che ha mandato su tutte le furie il capogruppo dei senatori leghisti, il brianzolo Massimiliano Romeo, che questa mattina ha ricordato le dichiarazioni dello stesso Boccia, ma anche quelle del premier Giuseppe Conte, del ministro Roberto Speranza e addirittura le circolari del Viminale. "E' incredibile - tuona Romeo - che dopo le parole del pm di Bergamo che attribuisce al governo la decisione sulle zone rosse, il governo attacchi la magistratura e la Lombardia".
Da Roma "non mollano", insistono fonti della Lega, facendo filtrare un dossier in cui ricostruiscono i primi giorni di 'allarme Covid'. In particolare, sul Corriere della Sera si parla di 'dossier di Conte contro Fontana', in cui si segnala che già al 27 febbraio la situazione nella Bergamasca stava sfuggendo di mano. Eppure, spiegano da via Bellerio, i dati ufficiali dicono altro e smentiscono quanto fa filtrare Palazzo Chigi: al 24 febbraio, a Nembro erano stati segnalati solo 5 casi. Il 25 febbraio Bergamo contava 13 casi, meno dei 38 di Cremona, dei 97 di Lodi, dei 17 di Pavia. Il 26 febbraio Bergamo toccava quota 34: un trend che il governo conosceva benissimo ma che in ogni caso non faceva scattare la zona rossa come successo nel Lodigiano. Eppure, in provincia erano arrivati i militari. Pronti a intervenire. Il governo decise di non blindare i comuni orobici come fatto invece a Codogno, preferendo dichiarare 'zona arancione' la Lombardia, come chiarito ufficialmente da Conte.
E ora rispunta un altro documento inattaccabile, a giudizio della Lega. È l’intervento dello stesso ministro Boccia, il 4 marzo, che in Parlamento nega che le Regioni potessero chiudere porzioni di territorio in autonomia e senza coordinamento con Roma: "La nostra Costituzione non prevede una clausola di supremazia e non sancisce in alcun modo la preminenza dello Stato sulle Regioni, però il complesso delle norme vigenti ci consente di dire con chiarezza che in caso di emergenza nazionale decide lo Stato, anzi se permettete, comanda lo Stato" e non le regioni. Parole chiare. E su cui il partito di Salvini (il più votato nella provincia di Bergamo, nella regione e in Italia) non vuole mollare la presa, ritenendo "offensivo e grave" il dossieraggio del governo contro la Lombardia.