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Scuola, la farsa dell'ultimo giorno per chiudere l'anno

Il ministro della Scuola Azzolina

Pietro De Leo
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Qual è il grande problema della scuola di oggi? Il livello delle competenze? Il fatto che oltre un milione e mezzo di studenti per problemi vari non siano riusciti ad accedere alla didattica a distanza? La continuità didattica per il prossimo anno? Forse, chissà. Intanto sappiamo che il grande problema della scuola è come celebrare degnamente l’ultimo giorno. Rito che, com’è noto, da Nord a Sud si officia a tradizioni ed intensità differenti. Chi mette su un concerto con i gruppi dell’Istituto, chi la butta sulla battaglia di gavettoni, chi se la cava con un festone il più possibile civilizzato. Minimo comun denominatore, però, è che si fa mediamente casino, da sempre. Assicurare questa specie di rito di passaggio (più importante nella sociologia delle ultime classi, specie quelle che affronteranno l’esame di maturità) è grande premura del viceministro alla scuola, Anna Ascani del Pd.

Qualche giorno fa, in un’intervista a Repubblica ha detto: “vorrei dare la possibilità agli studenti delle ultime classi dei singoli cicli, la quinta elementare, la Terza media, le quinte superiori, di potersi incontrare a scuola, se possibile anche nella loro aula, per celebrare l’ultimo giorno dell’Anno scolastico. In sicurezza, a piccoli gruppi. Se proprio non si potrà dare il via libera a scuola, immaginiamo allora un museo”. Sì, un museo, proprio il luogo adatto per la verve da ultimo giorno, in cui i ragazzi sono con la testa anni luce da qualsiasi sfumatura didattica. Comunque, il Comitato tecnico scientifico ieri ha detto di no. Valutazione negativa per questa ipotesi, decisione deliberata all’unanimità dall’organismo. Ma la viceministro rilancia e scrive sui social: “l'ultimo giorno di scuola non si può fare 'in classe'. Ed io su 'La Repubblica' avevo detto 'almeno all'aperto si può'. Dunque, ha aggiunto il viceministro, “Lavoriamo per permetterlo quindi all'aperto, in sicurezza. Non si può negare a bambini e ragazzi delle classi terminali questa possibilità".

No, figuriamoci. Dopo che hanno inscatolato tutta l’economia del nostro Paese in una gabbia di regole, ci mancherebbe se uno negasse l’ultimo giorno di scuola!  Peraltro, l’opzione all’aperto in realtà non cambierebbe poi di tanto le cose. Infatti incontrando i sindacati del comparto, il presidente del comitato tecnico scientifico Miozzo ha detto che in ogni caso i ragazzi non sarebbero propensi a rispettare il distanziamento sociale, ma anzi si abbraccerebbero e farebbero degli assembramenti, riaccendendo così il rischio del contagio. Insomma, all’aperto o al chiuso non farebbe tanta differenza. Manco se ci fossero stati gli “assistenti civici” in pettorina blu, genialissima idea per far rispettare le regole che però sembra dirottata verso opzioni innocue.  Va detto che per l’ultimo giorno di scuola c’è stata una certa mobilitazione social, anche da parte di editorialisti ed intellettuali, così come avvenuto per la “notte prima degli esami” favorevole ad una maturità in presenza. E vai di retorica con quegli attimi che non tornano più, eccetera eccetera. E sembra il pieno dettato del pensiero del filosofo Byung-Chul Han, con la sua denuncia verso la società del “positivo assoluto”, che rifiuta di guardare in faccia la realtà delle negatività per affrontarle. Dai canti in terrazzo al trallallà dell’ultimo giorno di scuola, si avvolge di zuccherosa poesia la domanda su come sarà il futuro di questi ragazzi, che dipenderà sempre più dalla qualità dell’istruzione. Forse più che dell’ultimo giorno di scuola occorre preoccuparsi di quelli che lo precedono. 

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