Dateci Cossiga per la crisi del Csm
La delegittimazione del Csm travolto dallo scandalo delle correnti è un fatto ormai acclarato, e in molti oggi si chiedono, chi sottovoce chi meno, se Mattarella potrebbe osare di più, fino ad arrivare allo scioglimento dell’organo di autogoverno della magistratura per ristabilire un clima più sereno tra politica e giustizia. Secondo Vietti, che del Csm è stato vicepresidente dal 2010 al 2014, «è una decisione che non rientra nel perimetro delle ipotesi impossibili perché il funzionamento del Csm viene compromesso non solo quando non funziona più, ma anche quando funziona male». Un anno fa, quando esplose lo scandalo, Mattarella intervenne con decisione e i componenti coinvolti si dimisero, ma poi tutto è rimasto sospeso nel limbo in attesa che passasse la nottata. Invece le intercettazioni uscite in questi giorni hanno reso ancora più cupa la notte della giustizia italiana.
C’è da chiedersi cosa accadrebbe se al Quirinale oggi ci fosse un Cossiga. Quel Cossiga che nell'85 fece circondare dai carabinieri Palazzo dei Marescialli per impedire un improprio pronunciamento politico contro il presidente del consiglio Craxi e che nel 1991 ingaggiò un durissimo braccio di ferro con il Csm ritirando la convocazione del plenum per discutere cinque pratiche sui rapporti tra capi degli uffici e loro sostituti per l'assegnazione di alcuni incarichi. Cossiga sostenne che la questione non era di competenza del plenum e avvertì che se la riunione avesse avuto luogo avrebbe preso «misure esecutive per prevenire la consumazione di gravi illegalità».
I consiglieri del Csm si opposero con un documento, poi il caso fu risolto dalle dimissioni dell'allora vicepresidente Galloni. Cossiga era uno dei pochi ad aver capito cosa stava preparando all'Italia il partito dell’interventismo giacobino, che poi avrebbe stravinto la partita con la complicità della sinistra, riducendo la giustizia a terreno di scontro politico, fino all’implosione finale che oggi è sotto gli occhi di tutti.