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Selvaggia Lucarelli: "Caos e ideologia", così stronca le neo-femministe

Gabriele Imperiale
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Siamo alla crisi del femminismo 2.0, con le attiviste in difficoltà e le frange del movimento in subbuglio e protagoniste di cortocircuiti sempre più evidenti. A evidenziare questa decadenza è Selvaggia Lucarelli che sulle pagine de Il fatto quotidiano fa un ritratto del movimento femminista italiano tutt’altro che lusinghiero. Alla base della crisi, la scomparsa di Michela Murgia “figura centrale del femminismo nonché il più solido riferimento di altre attiviste spesso in polemica l’una con l’altra e che – scrive Lucarelli – Michela, solo Michela, riusciva a far convivere nella stessa stanza”. A un anno e mezzo dalla sua morte, è in atto un’evidente “balcanizzazione del femminismo” e l’avanzata di un “femminismo sgangherato, caotico e ideologico che non ha portato nulla di buono”. 

 

La giornalista fa alcuni esempi lampanti, a iniziare dal caso dello scrittore Leonardo Caffo invitato da Chiara Valerio alla nota fiera “Più libri più liberi”, nonostante le accuse di violenza ai danni della sua ex fidanzata: “Ha reso evidente non solo la doppia anima di Valerio (migliore amica di Murgia e accanto a lei in molte battaglie), ma ha raccontato una enorme frattura all’interno delle diverse correnti – sottolinea Lucarelli – Da una parte l’amichettismo in salsa femminista rappresentato dai Valerio, Saviano&C., dall’altra il femminismo radicale delle “attiviste” Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e altre”. 

L’affaire Caffo ha aperto nel movimento una crepa che secondo Lucarelli “racconta una debolezza molto più ampia del femminismo 2.0 in Italia – spiega – da una parte esista un femminismo elitario, da salotto, che sposa solo cause che coinvolgano nomi di politici o nomi intellettualmente spendibili e che è garantista solo con i suoi amici intellettuali. Dall’altra c’è un femminismo estremista e disordinato, a tratti violento, che non conosce sfumature”.

Poi la femminista Giulia Blasi rea di aver accostato il caso Trocchia/Giudice – i giornalisti accusati di aver dato un bacio senza consenso ad una collega – e quello di Gisèle Pelicot, la donna francese drogata e abusata per anni dal marito e decine di uomini: “il “sorella io ti credo” perde ogni forza, perché si è persa l’onestà intellettuale. E la si è persa quando si decide che ci sono vittime di serie a e b”. 

 

Ma c’è anche altro. Carlotta Vagnoli viene aspramente critica dalla giornalista, per il rimprovero fatto ai giudici per aver condannato all’ergastolo Filippo Turetta, non riconoscendo l’aggravante dello stalking: “Quando Carlotta Vagnoli, senza alcuna conoscenza giuridica, attacca i giudici – spiega – riduce le giuste istanze femministe a pericolosa demagogia. Contribuendo a innescare odio verso le istituzioni e pure verso il povero avvocato di Turetta”. 

Il radicalismo femminista non piace alla Lucarelli che svela tutte le contraddizioni di Valeria Fonte: “Che scrive della necessità del ritorno alla “lotta armata”. O che ritiene i gentleman “sessisti benevoli” – sottolinea – O che sul suo Instagram ha pubblicato quella che secondo lei era una lista di “abuser” (stupratori, molestatori, manipolatori) tra giornalisti, cantanti e divulgatori. Nomi molto noti, buttati lì senza uno straccio di prova, un’inchiesta, una denuncia”.

Temi su temi che secondo Lucarelli dovrebbero portare a una grossa riflessione nel movimento, anche se il suo futuro rimane incerto: “ha bisogno di ritrovare una direzione che non è quella dell’“io ti credo anche se menti”, dell’“io ti credo perché i maschi sono tutti stupratori”, dell’“io ti credo perché sei un mio amico intellettuale” e “dell’io ti credo ma sei uno scarto di Uomini e donne quindi te la sbrighi da sola”. Serve un processo di analisi, autocritica e consapevolezza”.

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