Cecilia Sala, dall'arresto a Evin. "Non pensavo di essere liberata così presto", il podcast
Sono arrivate le prime dichiarazioni di Cecilia Sala dopo meno di 24 ore dal suo arrivo a Ciampino. Le ha affidate al suo podcast prodotto da Chora Media in un’intervista con il suo direttore Mario Calabresi, che le ha subito chiesto come stesse: “Confusa, felicissima, mi devo riabituare e devo riposare. Questa notte non ho non ho dormito per l'eccitazione, la gioia, mentre quella precedente per l'angoscia. Ma sto bene sto bene”. Ma come è iniziata questa storia? “È difficile dirlo, a me non è stato spiegato perché io sia finita in quelle condizione in una cella di isolamento nel carcere di Evin quando sono entrata. L'Iran era il paese dove più volevo tornare, dove c'erano le persone a cui più mi sono affezionata: in questo mestiere si incontrano tante persone, si cerca anche di avere uno scudo perché tanti di loro sono in condizioni complicate. Ma qualche volta, tra le persone che intervisti e incontri per lavoro, alcuni bucano questo scudo diventano amici, persone di cui hai bisogno di sapere come stanno e in Iran questo mi era successo più che in qualsiasi altro posto. Ci tenevo a tornare da loro. È molto difficile ottenere un visto per l'Iran, ero molto felice di averlo ottenuto prima di questa partenza, per cui questo viaggio inizia per incontrarli e per dare loro voce".
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"È incredibile che il giorno prima dell’arresto avevo intervistato Zeinab Musavi, la stand up comedian più famosa dell’Iran, e avevamo parlato proprio di come si sta in una cella di isolamento - continua Sala - Lei mi ha raccontato che ci sono stati momenti in cui era riuscita persino a ridere in cella, e pensare alla sua forza è stato per me di grande aiuto nei giorni successivi. Io sono riuscita a ridere due volte. Una è la prima volta in cui ho visto il cielo, per quanto in un piccolo cortile di un carcere, con il filo spinato, ma mi sono sentita bene. La seconda è quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è un altro nemico in quel contesto. Ho pianto di gioia e ho riso di gioia, ma ho cercato di pensare ogni giorno che quello potesse essere il momento del mio ritorno”.
Ma qual è stata per lei la cosa più difficile? “Il silenzio, la tua testa. A un certo punto ho cominciato a passare il tempo a contare i giorni, a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l'unica cosa in inglese. Ho fatto anche previsioni molto negative su quale potesse essere il mio destino li dentro, non avrei mai pensato che sarei stata liberata così presto. La cosa che più volevo era un libro, la storia di un altro, che mi portasse fuori. Qualcosa in cui mi potessi immergere e che non fosse la mia situazione, perché non riuscivo ad avere tanti pensieri positivi rispetto alle mie prospettive”.
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"Stavo lavorando, hanno bussato alla porta, pensavo che fossero i signori delle pulizie e ho detto che non avevo bisogno di nulla, ma sono stati insistenti e ho aperto. Mi hanno portata via", è il racconto di Cecilia Sala nel podcast Stories sul giorno in cui è stata arrestata e portata in carcere a Evin. "Speravo che potesse essere una cosa rapida, ho capito dalle prime domande che non sarebbe stato breve - afferma - Ho capito che ero a Evin, conosco quel carcere non perché ci fossi già stata, ma conosco quanto è grande dove è e ho capito dal percorso che ho fatto in auto che ero dentro la città e che era un carcere grande".