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Vittorio Feltri demolisce l'ultima della sinistra: "Mentalità fascista"

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Qualche migliaio di intellettuali e artisti di vari paesi tra cui l'Italia hanno raccolto le firme per impedire agli artisti israeliani di partecipare alla Biennale di Venezia. Una sorta di boicottaggio artistico per l'azione militare di Israele nella Striscia di Gaza, in Palestina, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre. Un lettore de Il Giornale chiede un commento a riguardo al direttore editoriale Vittorio Feltri che nella sua Stanza sul quotidiano risponde: coloro che propongono "il boicottaggio della delegazione di Israele a Venezia, sono non a caso tutti di sinistra, quella sinistra che si proclama antifascista e che quindi dovrebbe rigettare i metodi squadristi ma che pure li adopera sistematicamente contro tutto ciò che non le piace nonché contro coloro i quali considera nemici".

 

Insomma, "la sinistra ci fa le prediche contro l'odio e a favore dell'inclusione, della globalizzazione, dell'amore universale, della pace, della concordia"m ma poi "pretende l'isolamento e l'emarginazione di chi non aderisce al suo credo". A proposito Feltri cita le parole dello storico Renzo De Felice su uno dei danni del fascismo, ossia quello idi aver lasciato in eredità "una mentalità fascista ai non fascisti", fatta di "intolleranza, di sopraffazione ideologica, di squalificazione dell'avversario per distruggerlo".

 

Mentalità che nel tempo si è ammantata di "superiorità morale" trasformandosi "in arroganza, supponenza, livore, censura", come quella richiesta per la Biennale. Una "discriminazione che ha l'aggravante di richiamare inevitabilmente alla memoria quello spirito antisemita che ha caratterizzato proprio certi regimi totalitari, primo tra tutti il nazismo, di cui la sinistra dichiara di avere orrore. Tuttavia gli si avvicina parecchio", tuona il direttore. "A questa classe di comunisti decaduti, antifascisti dell'ultima ora, pacifisti di cartapesta, tolleranti solo verso ciò che gli conviene, vorrei fare notare che, se proprio è la pace il loro fine, dovrebbero vedere nell'arte una opportunità di ritrovo e di conciliazione", e non certo una sponda per la censura. 

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