Dossieraggio, “serve ancora l'Antimafia?”. Il prof. Cassese sgancia il siluro
Si parla dell’inchiesta della Procura di Perugia sul presunto dossieraggio ai danni di politici e vip, che ha come regista della presunta operazione di spionaggio un luogotenente della Guardia di Finanza, Pasquale Striano, nel corso della puntata del 5 marzo di Tagadà. Il militare, in servizio alla Procura Nazionale Antimafia, è accusato di almeno 800 accessi abusivi alle banche dati tributarie, antiriciclaggio e dell’antimafia con il solo scopo di reperire informazioni. Tra gli ospiti della trasmissione di La7 condotta da Tiziana Panella c’è Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale, che analizza così la situazione: “E’ pochissimo quello che sappiamo, ma proviamo a fare un bilancio. Ci sono ben 4 banche dati a cui si aveva accesso. Quella della polizia, quella delle operazioni sospette, quella delle intercettazioni e quella delle inchieste delle Procure. Stiamo parlando di un complesso di informazioni veramente molto importanti. La cosa che colpisce è la permeabilità di tutto questo e gli accessi a tutti questi dati. Poi colpisce molto il legame triangolare tra chi gestisce banche dati, politica e media. Che vi sia un’intersecazione tra politica e comando delle informazioni tale per cui si è cominciato a dire che un magistrato è di un colore o di un altro. Guarda caso chi lascia l’antimafia finisce quasi sempre in politica, questo si legge sui giornali”.
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E Cassese affonda poi il colpo: “Siamo proprio sicuri che ci sia ancora bisogno di una struttura così complessa e di una legislazione che interferisce nel rapporto tra Procure e Antimafia? La Direzione Nazionale Antimafia serve ancora? Pur servendo ha bisogno di tutti quei dati? Quei dati non devono essere distribuiti per non accedere ad un piatto così ricco?".
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Cassese, in passato trai papabili per diventare presidente della Repubblica, dà un monito su come migliorare la situazione: “Certamente sappiamo che resta una registrazione su chi è andato a cercare questi dati. Sennò non avremmo saputo tutto questo. Quello che è importante è che queste fonti di informazione siano meno permeabili e che siano meno concentrate, c’è una disponibilità di dati eccessiva. C’è da separare i dati e una minore etichettatura politica di chi ha accesso a questi dati, non è possibile che vi sia questo uso politico e mediatico dei dati. Se lo Stato diventa una groviera si mettono in dubbio alcuni elementi fondamentali dello Stato. Bisogna rimettere le mani nella legislazione dell'Antimafia e se la struttura deve ancora rimanere in vita”.