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Bersani e il "giaguaro" Berlusconi: la cosa più difficile da smacchiare...

Luca De Lellis
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“Smacchiare il giaguaro” era divenuto, durante la campagna elettorale del 2013, uno degli slogan preferiti di Pierluigi Bersani. Era così che l’allora leader del Partito Democratico chiamava Silvio Berlusconi, e prometteva di sconfiggerlo in quella tornata. Dieci anni dopo, con la morte del Cavaliere, l’ormai ex capo di Articolo Uno (che è rientrato nel Pd) ha spiegato perché quel giaguaro non è riuscito a smacchiarlo, o di averlo fatto almeno solo in parte. Ecco la sua analisi, a giustificazione del suo operato, partorita durante la puntata di Otto e Mezzo in onda su La7: “Di assoluto c’è solo la morte, ma fu proprio in quel 2013 che Berlusconi non ebbe più le condizioni né numeriche, né politiche per evitare la decadenza nel Senato”.

 

Ma il proprietario di Mediaset nella sua carriera politica e imprenditoriale ha sempre avuto una qualità invidiabile: avere sette vite e risorgere dalle ceneri anche nei momenti più complicati. Bersani, che lo conosce come avversario politico, lo sa bene: “Sul fatto che fosse un osso durissimo non ci piove. Vuoi per lo strapotere economico e di comunicazione, vuoi per un’empatia sua anche per pezzi di ceto popolare. Io ne ho avute molte testimonianze – ammette l’ospite della conduttrice Lilli Gruber – aveva una straordinaria capacità. Cioè quella di tenere d’occhio con spregiudicatezza gli affari suoi e, al contempo, di trasmettere generosità”. E, ha chiosato Bersani mostrando un po’ di amarezza in volto, ma riconoscendo il valore dell’uomo, “questa era la cosa più difficile da smacchiare per la mia esperienza”.

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