Otto e mezzo, Ezio Mauro: "Sdoganato Fini ma...", ultimo assalto a Berlusconi
Quando nel 1994 Silvio Berlusconi entrò a gamba tesa nelle sabbie mobili della politica italiana, lo fece annunciando l’ormai famosa “rivoluzione liberale”. Secondo Ezio Mauro, intervenuto nella trasmissione di La7 “Otto e Mezzo” dedicata alla scomparsa del Cavaliere, questa promessa rivolta agli italiani non è mai stata mantenuta. Ecco il pensiero dell’ex direttore de La Repubblica nel ventennio di governi a tinte berlusconiane: “Diciamo che in lui di liberale si è visto molto poco. Era la promessa di Berlusconi, era anche il suo sogno. Ma probabilmente non poteva farlo perché era incatenato da quella servitù a se stesso che è il conflitto di interessi, questo è un dato di fatto”.
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Il giornalista ospite della conduttrice Lilli Gruber è anche tornato sugli esordi di Berlusconi in politica, analizzando in particolare il suo rapporto di opportunismo con l’amico-nemico Gianfranco Fini e con il fascismo: “La cosa principale che ha fatto Berlusconi è quella di aver creato una destra, sdoganando il partito di Fini. Senza chiedergli però di fare una revisione sul passato post-fascista e neofascista che Fini ha poi fatto da solo. Berlusconi ha preso quello che gli serviva, senza accompagnarlo poi in un processo di ripensamento e di giudizio sulla democrazia e sull’antidemocrazia, e sulla Costituzione”. In sostanza, sostiene Mauro, al Cavaliere “serviva il nazionalismo di Alleanza Nazionale unito allo pseudo separatismo della Lega di Umberto Bossi, e se li è presi entrambi” i loro voti.
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Ezio Mauro per molti anni è stato uno tra i giornalisti più critici nei confronti dell’operato politico di Berlusconi, e lo ha dimostrato nuovamente muovendo una delle ultime contestazioni allo scomparso leader di Forza Italia: “Nonostante sia nato come figlio del centrosinistra, e abbia promesso la rivoluzione culturale, non l’ha mai raggiunta perché è stato servo di se stesso e del suo enorme conflitto di interessi”. Insomma, l’accusa di Mauro è quella di essere stato troppo immerso nei suoi affari di imprenditore per lavorare al suo sogno politico.