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25 aprile, Travaglio contro Meloni: cosa gli esce di bocca. E Gruber resta di stucco

Giada Oricchio
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La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha superato l’esame del 25 Aprile, festa della liberazione dal nazifascismo? No, secondo Marco Travaglio. Il direttore de “Il Fatto Quotidiano”, in collegamento con il talk preserale di LA7 “Otto e Mezzo”, mercoledì 26 aprile, ha sostenuto che la presidente del Consiglio è uscita “indenne” dalle celebrazioni agli occhi di chi l’ha votata, male per gli altri: “Santoro l'ha definita a-fascista, io la definirei parac**a. I suoi elettori la giudicano da cosa fa e non fa. Ai miei occhi è uscita pessimamente perché solo chi è antifascista deve poter guidare un governo o rappresentare le istituzioni visto che la nostra Costituzione è talmente antifascista che non lo ha scritto perché ogni articolo è antifascista. Ma lo è anche l’articolo 11 che ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali”.

Travaglio è stato severo tanto con la destra di governo quanto con la sinistra: “È vero che questa maggioranza sta picconando i valori costituzionali come dice Bersani (ospite in studio, nda), ma ci sono anche governi presieduti da gente sinceramente antifascista che hanno picconato quei valori”.

Poi il giornalista ha tuonato contro la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, svoltasi oggi a Roma, alla presenza di Meloni: “Se la smettessimo di mandare armi potremmo ospitare qualcosa di più serio di questa pagliacciata. E’ una vergogna, è una vergogna organizzare eventi del genere quando stiamo inviando armi per distruggere quel poco di Ucraina ancora in piedi. Stiamo contribuendo a devastarla e facciamo conferenze per spartirci le zone di influenza. Un business”.

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