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Perché Giletti non fa più Non è L'Arena: cos'è successo, il guaio soldi

Giada Oricchio
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Anche i più grandi amori finiscono per un pugno di euro. È il caso del traumatico addio tra Urbano Cairo e Massimo Giletti, almeno secondo quanto ricostruito dal quotidiano “Il Foglio”. Il giornalista Salvatore Merlo non ha dubbi in merito: “Chissà perché viene raccontato come un mistero. Urbano Cairo ha chiuso il programma di Massimo Giletti su La7, quello grazie al quale l’Onu è stata sul punto di inserire l’Italia nell’elenco dei paesi sottosviluppati, perché ormai Giletti gli faceva perdere una barca di soldi”. La situazione era diventata “insostenibile”: circa centocinquantamila euro di passivo ogni puntata. 

Insomma, follow the money e scopri la verità. “Il Foglio” ricorda il braccino corto di Cairo (“uno che taglia pure i costi delle colazioni al mattino”), notoriamente ben disposto verso il verbo “guadagnare” e molto meno verso il verbo “pagare” (per conferma, chiedere ai tifosi del Torino).

Secondo Merlo il talk show di Giletti costava circa duecentomila euro a puntata contro un massimo di centocinquantamila euro a puntata per i più seguiti, e in cambio aveva “una raccolta pubblicitaria compresa tra i cinquanta e i sessantamila euro. Dunque in passivo. Assai in passivo”.

Il giornalista rivela che il fiore all’occhiello dell’imprenditore che “vive di tivù e giornali” - a differenza di altri editori impuri come Caltagirone o Elkann - è Lilli Gruber e il suo “Otto e mezzo”: minima spesa, massima resa di pubblicità. “Persino Giletti era consapevole del calo degli introiti pubblicitari. E se ne lamentava. Però più andava male, più lui si spingeva su temi controversi, per così dire. Compresa la mafia e la stagione delle stragi – scrive Merlo -. Addirittura pare che a un certo punto il famoso Salvatore Baiardo, il mezzo mafioso che lui ospitava a pagamento, si sarebbe offerto di (…) trovare lui aziende interessate a investire nella pubblicità di “Non è l’Arena”. 

Un’ipotesi che avrebbe mandato in tilt Fremantle, la casa di produzione del programma, costretta a rivedere gli spot dell’intera stagione per “verificare che non ci fossero cose tipo aziende di Corleone operanti nell’export di olio d’oliva. Erano terrorizzati che qualche azienda non precisamente specchiata potesse avere acquistato sul serio gli spazi pubblicitari. Sarebbe imbarazzante”.

Il giornalista graffia Giletti: “Il narcisismo lo spinge a pensarsi vittima di un’epurazione, (…) è per natura incapace di accettare un fallimento professionale. Se lo prenderà la Rai? Chissà. E’ già iniziata una battaglia tra Matteo Salvini e Fratelli d’Italia”.

La Lega lo vuole a Viale Mazzini, gli uomini di Giorgia Meloni assolutamente no. L’articolo spiega che il giornalista torinese starà zitto sulla vicenda fino a luglio scadenza naturale del contratto, poi forse, “grazie al racconto giornalistico fitto di suggestioni e inafferrabili collusioni, prepara forse il terreno per una sua mega intervista di denuncia”. 

 

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